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venerdì 27 maggio 2016

Ungheria: 1000 Anni in Europa


La S.V. è invitata alla presentazione di Quaderni di Geopolitica – Ungheria: 1000 anni
 in Europa, che si terràmartedì 31 maggio p.v. dalle ore 11:00 alle ore 13:00 presso 
l'Aula del Palazzo dei Gruppi, Camera dei Deputati, in Via di Campo Marzio 74 a Roma.

Ungheria: 1000 anni in Europa

Per maggiori informazioni sul programma: CLICCA QUI.

L’ingresso sarà consentito solo agli uditori registrati tramite il seguente modulo 
in linea: CLICCA QUI.





venerdì 13 maggio 2016

LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE TRA LE FORZE DI POLIZIA

 di Alessio Pecce*
 I continui attacchi terroristici, ultimo in ordine cronologico quello di Bruxelles, hanno  alimentato qualche sospetto in merito ad una scarsa collaborazione tra le forze di polizia europee nel contrasto al terrorismo. Eppure dopo l'attentato alle torri gemelle gli Stati europei, oltre ad aver completamente cambiato la concezione nel definire il soggetto terrorista, si sono adoperati per svolgere, immediatamente, nuove modalità di indagine. Il primo passo, infatti, è stato il rafforzamento di una cooperazione d'intelligence, giudiziaria e di polizia. L'ambito giudiziario e investigato, utilizzati dalla comunità internazionale, sono sempre stati di estrema importanza ai fini delle indagini nelle pianificazioni antiterrorismo. Dopo l'11 settembre si sono inoltre intensificate le logiche riguardanti la prevenzione dei rischi per la sicurezza dello Stato, come ad esempio l'implementazione di quattro settori d'azione per ciò che concerne la strategia anti terrorista nell'Unione Europea: la protezione dei cittadini, la prevenzione dei rischi, il perseguimento dei reati terroristici e le risposte ad eventuali attacchi. Nel giugno 2002 viene stilata la costituzione delle squadre investigative comuni in materia di contrasto alla criminalità organizzata, compresa quella terroristica e transnazionale. A ciò si aggiunge la formazione di Eurojust ed Europol, grazie alle politiche congiunte dell'UE: soprattutto per quanto riguarda il primo, la priorità risulta essere la cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo, grazie anche allo scambio di informazioni, incontri di coordinamento bilaterale/multilaterale e l'interscambio tra magistrati e forze di polizia. L'Unione Europea, dopo i passati e inaspettati attacchi terroristici, si basa su quattro pilastri interscambiabili tra loro:
1) gli Stati membri dell'UE devono adottare e fare proprie le norme di contrasto nella lotta al terrorismo, previste dall'ONU. Tali misure, infatti, presenti dal 1963, fanno riferimento alla repressione dei reati contro i soggetti appartenenti alle Istituzioni, al divieto di azioni illecite contro aeromobili, alla detenzione di ostaggi civili, agli attacchi terroristici contro la navigazione marittima, alla soppressione di attacchi provocati da esplosivo ed eliminazione dei finanziamenti a vantaggio di opere potenzialmente terroristiche;

2) asse collaborativo tra UE e Stati Uniti d'America attraverso accordi bilaterali, in merito allo scambio di informazioni tra le agenzie d'intelligence e forze di polizia;

3) secondo il piano d'azione di contrasto al terrorismo del 2001, seguito da quello del 2004, sono stati creati degli elenchi di soggetti ritenuti responsabili di atti di terrorismo, visibili quindi agli Stati membri, seguito dal congelamento di fondi economici e dall'avvio immediato di un mandato d'arresto europeo, fino alla formazione di una strategia europea comune che contrasti qualsiasi atto di matrice terroristica;

4) controllo nelle zone extra europee, utilizzo del programma EURODAC (dattiloscopia europea) per le impronte digitali, analisi accurate concernenti la possibilità di attacchi terroristici da zone quali America Latina, Asia Sud-Orientale e Meridionale.

Ma come accennato all'inizio, uno dei punti basilari che non ha funzionato per evitare la strage di Bruxelles, e non solo, è stata la scarsa collaborazione tra le forze di polizia e quindi lo scambio di informazioni multilaterali. Al contrario, invece, vi è una maggiore cooperazione tra gli Stati europei e gli Usa, grazie anche alle strategie avviate all'indomani dell'11 settembre.
La formazione di Europol deputata a promuovere la collaborazione tra le forze di polizia internazionali, non prevede l'obbligo di cooperazione in tema di terrorismo, così come il progetto di procura europea.
Alla base vi è sostanzialmente l'assenza di una vera e propria definizione di terrorismo, in grado di racchiudere per intero il significato di terrorismo internazionale, tant'è che tale difficoltà si riscontra anche nelle modalità di esecuzione degli atti dell'UE: il 13 giugno 2012 sono state inserite alcune definizioni in merito ai “reati terroristici”, tralasciando al contempo il vero e proprio significato della terminologia. A tutto ciò si deve aggiungere l'insufficienza dei database comuni: quelli disponibili sono formati dall'Accordo di Schengen e dal Trattato di Prum, grazie ai quali si possono ottenere informazioni su persone sospette, scomparse e non aventi diritto nell'area Schengen, e lo scambio dei dati provenienti dal Dna di soggetti condannati penalmente.
Ovviamente tutto ciò non basta per fermare i piani e le azioni dei terroristi, ma occorre necessariamente una rivisitazione e quindi una modifica delle strategie di contrasto, attuate attraverso una stretta cooperazione tra le varie forze di polizia internazionali.



Alessio Pecce (alessio-p89@libero.it)

Dottore magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale. Specialista nella progettazione, gestione, valutazione e ricerca per conto di istituzioni politiche e sociali, organizzazioni economiche, imprese ed enti internazionali.


lunedì 9 maggio 2016

Corea del Nord: un difficile nodo da sciogliere

C.E.S.I

LA DIFFICILE GESTIONE DELLA MINACCIA NUCLEARE NORDCOREANA
Di seguito il nuovo REPORT realizzato dal Ce.S.I. riguardo la gestione della minaccia nucleare nordcoreana.
L’inizio del 2016 ha visto un brusco inasprimento delle relazioni tra Corea del Nord e Comunità Internazionale.
Il test nucleare, concluso con successo dal governo nordcoreano lo scorso 6 gennaio, e il successivo lancio di un missile a lungo raggio ha riacceso l’attenzione sull’interesse di Pyongyang di portare avanti un programma di ricerca per lo sviluppo di armi atomiche.

L’interesse per l’acquisizione di una capacità nucleare militare è sempre stata una priorità strategica per il governo nordcoreano, che guarda alla possibilità di dotarsi di un’arma atomica come ad un fondamentale strumento di deterrenza da utilizzare nei complicatissimi rapporti con gli Stati circostanti.

Dal 1993, anno in cui Pyongyang ha espresso la volontà di recedere dal Trattato di Non Proliferazione, il governo nordcoreano ha destinato all’incirca 700 milioni di dollari all’anno nel proprio programma di ricerca. Questo investimento è sempre stato indirizzato parallelamente allo sviluppo di tecnologia per la produzione di ordigni nucleari e alla realizzazione dei vettori di lancio, in particolare di missili balistici a medio e lungo raggio.
Leggi il report
Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali
Via Nomentana, 251 - 00161 Roma – Italy
cesi@cesi-italia.org
tel. fax +39.06.85356396 - www.cesi-italia.org

venerdì 6 maggio 2016

Un interessante Report

C.E.S.I


EVOLUZIONE DEL QUADRO DI SICUREZZA CIBERNETICA NAZIONALE IN PROSPETTIVA FUTURA
Di seguito il nuovo REPORT realizzato dal Ce.S.I. riguardo l'evoluzione del quadro di sicurezza cibernetica nazionale in prospettiva futura.
La nostra società, le nostre economie e anche le minacce che pervadono il nostro mondo sono sempre più caratterizzate dalla dimensione cibernetica. L’avvento dell’Information Technology (IT) e successivamente di internet ha permesso di aumentare in maniera sensibile e per certi versi rivoluzionaria lo scambio dei dati e delle informazioni su scala globale.
Conseguentemente, il settore che ha beneficiato maggiormente di questa evoluzione tecnologica è stato quello economico, specie se si considera il fatto che la quasi totalità delle economie mondiali fa perno su sistemi di libero scambio che si basano sulla libera circolazione di beni, servizi e conoscenze. Una simile mole di informazioni sensibili, costantemente in transito nel web, apre la porta a nuove minacce, soprattutto derivanti da coloro che, Stati o gruppi di individui, sono intenzionati ad appropriarsene per poi utilizzarli a discapito dei legittimi proprietari.
In particolare, il nostro Paese è caratterizzato da una delle principali economie a livello mondiale: una peculiarità, dovuta sia al volume degli scambi economici sia al know how posseduto in alcuni settori specifici. L’Italia costituisce quindi uno dei principali obbiettivi per quanto concerne gli attacchi di tipo informatico subiti come dimostrato dal nono posto nel ranking mondiale della Kaspersky Lab. Questa circostanza si spiega chiaramente dato l’interesse di molte economie emergenti a sottrarre parte del know how tecnologico e industriale italiano in un’ottica di competizione a livello globale.
Se l’economia è uno dei settori che ha risentito maggiormente della rivoluzione informatica e dell’avvento di internet, anche quello dei conflitti armati ne è stato profondamente permeato e mutato. Nati come mezzi di supporto e di comunicazione militare, l’informatica e internet, con l’avvento della Revolution in Military Affairs (RMA) statunitense degli anni Novanta, hanno definitivamente mostrato agli occhi del mondo il livello di letalità e di efficacia raggiunto dal potere militare americano, altamente informatizzato, netcentrico e razionale nell’opera di targeting, specie nei confronti di Forze Armate nemiche ancora ancorate al concetto di massa d’urto, quale perno e parametro di riferimento del potere militare di uno Stato.
In tempi recenti, poi, la sempre maggiore integrazione tra mezzi militari di tipo classico (Legacy) e le tecnologie informatiche ha permesso la nascita di quella che è la dimensione cyber dei conflitti, un “ambiente operativo” da utilizzare e da cui partire per condurre veri e propri attacchi, con ripercussioni fisiche ai danni di sistemi e infrastrutture nemiche, in tutto e per tutto identici agli effetti degli attacchi cinetici di tipo classico.
La dimensione cyber è ed evolverà sempre più in futuro, andando a costituire così, a tutti gli effetti, la quinta dimensione dei moderni conflitti armati. Ecco pertanto che i principali Paesi a livello mondiale stanno dedicando sempre più risorse, sia umane che economiche, per lo sviluppo di adeguate dottrine e procedure da impiegare in maniera efficace nelle operazioni militari da svolgere all’interno dell’ambiente cyber allo scopo di aumentare le capacit� di difesa e anche quelle di deterrenza.
Gli analisti del Ce.S.I. sono disponibili per approfondimenti e ulteriori chiarimenti sull'argomento.
Leggi il report
Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali
Via Nomentana, 251 - 00161 Roma – Italy
cesi@cesi-italia.org