Sergio Benedetto
Sabetta
Introduzione
Le tensioni provocate dalla pandemia e
i venti di
guerra che aleggiano su
varie
parti del globo, hanno evidenziato la centralità del processo comunicativo in
tu i suoi aspetti.
La
comunicazione crea la realtà o comunque la lettura che si può fare del
succedersi degli eventi, dà rilevanza ad alcuni fatti tacendone o sminuendone altri,
concentrando l’attenzione come delle lenti e in tal modo sottraendoli al campo
visivo o peraltro deformandone la visione, magari sfumandola.
Di
ogni fatto si possono dare varie letture, come di una guerra, e nella
comunicazione vi è la possibilità di imbastire nuovi tessuti sociali e quindi
aree di influenza, come del resto nuove tipologie di consumi.
La
comunicazione è pertanto la premessa di una possibile guerra ma anche la sua
conclusione, come la possibilità di evitarla, ma in essa vi è anche il
nascondere le proprie ulteriori volontà.
Le
reti di comunicazione
La nuova società dell’informazione
procede con cambiamenti tanto rapidi da provocare una modifica nella percezione
del tempo, una difficoltà di adattamento e di reazione.
Il tempo è assorbito in una rete
informativa continua, dove prevale l’oggi e l’immediato sulla memoria stessa,
mentre nell’immaginario vi è una tensione verso il futuro, su quello che sarà.
Naisbitt,
nel moltiplicarsi dei contatti, prevede che vi sarà una crescita geometrica
delle transazioni personali, con una conseguente esasperante crescita delle
controversie legali, determinato anche dalla fuoriuscita dalle consuetudini
comportamentali localistiche.
Come tutte le azioni umane vi sono ombre
e luci, ad aspetti positivi si affiancano nelle nuove tecnologie delle
negatività da governare, crimini informatici, violazioni della privacy,
“scorie” di informazioni che creano rumori di fondo e confondono nelle
valutazioni informative, una maggiore distanza tra vertici che controllano ed
una base che solo apparentemente ha raggiunto una crescente eguaglianza,
prevale l’opportunismo economico.
Uno dei problemi che emerge
immediatamente dalle reti è la massa di scorie informative che volutamente
vengono prodotte per scopi non dichiarati, queste si sommano a quelle che Eco
definisce chiacchiere da osteria, le quali tuttavia nel mondo virtuale
acquistano lo stesso peso di un dato certificato.
Emerge chiaramente la necessità di
filtrare le informazioni avendo precisi i propri obiettivi, in modo che i
processi vengano finalizzati ad essi e non il contrario, in questa attività
diventa sempre più necessario che siano
i processi stessi a fornirci lo strumento adatto.
La rete dovrebbe diventare un sistema,
non solo di social e di attività più o meno lecite, ma innanzitutto un
contenitore di informazioni da tradursi in conoscenza e produzione di beni e
servizi, vi è pertanto la necessità di definire un linguaggio comune.
Esiste una difficoltà data
dall’evoluzione del linguaggio che anche nelle reti si verifica, anzi si
accelera causa l’avanzare impetuoso
della tecnologia, così che linguaggi di pochi anni prima diventano illeggibili
dai nuovi software, i linguaggi naturali sono frutto di una lunga
sedimentazione accolta ed elaborata dalla specie umana, quelli artificiali
all’opposto hanno durate ed estensioni limitate, sempre sostituiti.
Si è, quindi, cercato di costruire
linguaggi flessibili, Deortouzos ha
avanzato la proposta di utilizzare
moduli elettronici (moduli E), mentre Cerf e Robert E. Kahn
hanno introdotto i “Knowbot”; tuttavia il linguaggio tra macchina ed essere
umano è interno all’ambiente informatico e resta cognitivamente limitato, tanto
da spingere Weiser a proporre la
trasformazione dell’hardware in un elemento invisibile dell’ambiente.
Come è stato più volte osservato la
comunicazione umana nella rete viene facilitata, le conseguenze a livello
sociale sono la creazione di nuove “tribù elettroniche” sparse nello spazio,
con un annullamento dei tempi, il rapporto spazio/tempo viene azzerato.
La mente non può essere vista in termini
unitari e rigidi, anzi essa è costituita da un mosaico di capacità, tanto che Bruner sostiene la necessità che ciascun
individuo costruisca una propria versione della realtà, questo presuppone
l’educazione delle capacità critiche, ma anche il dovere di integrare e
raffrontare tra loro queste visioni.
Ogni rivoluzione scientifica determina
un cambiamento di paradigma, per cui è necessario un determinato lasso di tempo
che Kuhn individua in circa 25 anni,
ossia una generazione, vi è comunque la necessità per l’essere umano di
categorizzare la crescente complessità per poterla gestire, teorizzandone le
relazioni e le conseguenze sociali, economiche, tecniche, culturali.
Questo presuppone un continuo raffronto
che necessita di “volontà” ma determina anche “fatica”, qualità che vengono
spesso appiattite dalla quantità informativa, infatti, come osserva Mc Luhan, è la forma di quello che noi
osserviamo che plasma la mente.
L’intercettività, la riflessibilità, la simulazione,
le diverse prospettive e l’universalità, possono permettere una crescita
culturale non fondata sulla passività, bensì sulla riflessione critica,
faticosa nel costruirsi e lodata ma osteggiata volutamente nei fatti dal
prevalere del puro lato utilitaristico ed economicistico.
Nozione fondamentale nel processo
comunicativo è quella di “competenza comunicativa”, ossia la capacità di
produrre e decodificare messaggi (Zuanelli),
la quale comprende tanto l’abilità linguistica e grammaticale, che quelle
sociali o semeiotiche, criterio fondamentale oltre all’accettabilità e alla grammaticalità
delle frasi diventa l’appropriatezza; Berruto
individua ed elenca una serie di competenze:
·
Competenza linguistica;
·
Competenza paralinguistica;
·
Competenza cinesica;
·
Competenza prossemica;
·
Competenza performativa;
·
Competenza pragmatica;
·
Competenza socio-culturale.
Nella realtà vi è un sovrapporsi di
“reti” sociali e comunicative, non può pertanto esservi una comunicazione
avulsa dall’ambiente in cui si forma e agisce, il “canale” è quindi parte del
contesto in cui avviene l’intenzionalità dell’atto comunicativo (Ricci Bitti e Zani), su questo intervengono il rumore, ossia la predisposizione
all’ascolto del messaggio, la ridondanza e l’eventuale feed-back, non necessario
nella comunicazione scritta essendo essa spostata nel tempo.
Nel processo di codifica vengono
coinvolti una serie di livelli interdipendenti e strettamente connessi: i
livelli cognitivo, emotivo, affettivo e interpersonale.
I ricercatori della Scuola di Palo Alto
(California), più precisamente Watzlawick,
Beaurin e Jackson, hanno distinto
in ogni comunicazione due livelli: il vero e proprio contenuto, nonché la
relazione tra le persone coinvolte nella comunicazione, è tuttavia questo
secondo livello (meta comunicazione) che meglio ne definisce i contenuti.
Nella comunicazione verbale sono
disponibili due codici, uno analogico, che fa riferimento a tutti gli aspetti
non verbali, l’altro numerico, consistente nella parola.
Nel primo vi è la semantica ma manca di
una sintassi non ambigua, il secondo è efficace nello scambio di informazioni
sugli oggetti, possedendo una sintassi logica complessa ma inadeguato nel
definire le relazioni tra gli interlocutori (Scuola di Palo Alto), i due
sistemi vanno combinati nel decodificare.
Vi deve essere consapevolezza della
pluralità di significati che stanno alla base del segno, questo tanto per la
diversità dei contesti che degli interlocutori, la comprensione varia anche
all’interno dello stesso contesto con il mutare degli interlocutori, vi è
quindi una continua azione di codifica e ricodifica che si cala in un
sovrapporsi tra informazione trasmessa e impressioni ricevute (Goffman).
Secondo la Scuola di Palo Alto tutto il
nostro comportamento è comunicazione, tanto da indurre Ekman e Friesen a
individuare tre tipi di comportamento: informativo, comunicativo, interattivo;
scopo di tale comunicazione è doppio, il primo di tipo “evoluzionistico”,
adatto alla selezione naturale, il secondo “intenzionale”, di carattere socio-organizzativo.
La decodifica è un’operazione selettiva
soggettiva, dove il significato percepito è più ampio di quello previsto
originariamente dall’emittente, in questo processo intervengono vari fattori
tra i quali: la sensibilità, l’attenzione selettiva, la categorizzazione, costituita
a sua volta da un primo processo di pre-attenzione e da un secondo di sintesi,
dove le informazioni vengono collegate agli schemi e categorie concettuali di
cui si dispone.
Altri fattori, oltre al contesto, sono
le aspettative e la personalità, la quale ultima crea schemi interpretativi
ricorrenti (Argyle).
Nei canali di comunicazione vi sono due
elementi fondamentali:
·
Capacità,
quantità di informazione che si può trasmettere in una certa unità di tempo;
·
Immediatezza,
la rapidità del passaggio dell’informazione.
Nell’ipotesi di comunicazioni
contraddittorie, deve essere valutato il “peso” delle singole componenti,
considerando che nell’oralità la componente non verbale prevale sul detto.
I contesti sono gli insiemi che si costituiscono
al momento della comunicazione, oltre il contesto linguistico dato dalla
concatenazione lineare delle parole, si possono incastrare altri livelli
contestuali, quale quello verbale-grafico. si vengono quindi a creare contesti
espliciti e contesti impliciti, relativi alle conoscenze dell’ascoltatore o
decodificatore sulla fonte, quest’ultimo è integrato in un contesto totale (Slama – Cazacu).
Si può concludere osservando che vari
sono i possibili modelli elaborati sulla funzione del messaggio da quello di Jakobson:
·
Referenziale;
·
Emotiva o espressiva;
·
Conativa o persuasiva;
·
Fatica o di contatto;
·
Metalinguistica;
·
Poetica del linguaggio;
e quella di Scherer:
·
Referenziale o rappresentazionale;
·
Interpersonale o espressiva;
·
Di auto ed eteroregolazione o di controllo;
·
Di coordinamento delle sequenze
interattive;
·
Di metacomunicazione.
Informazione e persuasione nella
comunicazione di massa
Lo sviluppo della ricerca è stato
fortemente influenzato dai fatti ambientali, quali interessi governativi,
industriali e commerciali, attività di lobbies, si può quindi considerare un
primo approccio tra gli anni Quaranta e Sessanta come impostato sugli effetti a
“breve termine” (Effetti limitati).
I media operano all’interno di una
struttura sociale e culturale di relazioni, dove l’arrivo della televisione
modificò il sentire, dalla fine degli anni Sessanta vi fu uno spostamento
dell’attenzione verso i cambiamenti di lungo termine (Scuola di Francoforte),
notando la maggiore efficienza dei media su temi posti fuori dall’esperienza
personale immediata. Elementi che in un contesto globale vengono a prevalere,
tanto che, in condizioni di incertezza e tensioni, i vari gruppi di interesse
tendono a usare i media come mezzi di controllo ed influenza.
Partendo dalla distinzione operata da Klapper tra processi di “conversione” o
“rafforzamento” delle convinzioni ed
opinioni, McQuail opera una categorizzazione dei potenziali
effetti dei media:
·
Provocare un mutamento deliberato
(conversione);
·
Provocare un mutamento minore;
·
Facilitare un mutamento deliberato o
meno;
·
Rafforzare la situazione preesistente,
nessun mutamento mediante informazioni selettive;
·
Prevenire un mutamento, costruendo
ideologicamente le barriere necessarie.
Secondo lo schema elaborato da Golding, una volta eliminati gli effetti
a breve termine considerati come “deformazione” volontaria o involontaria, nel
lungo termine si ha una “linea politica” se gli effetti sono deliberati, mentre
se non deliberati si rientra nella “ideologia”.
Nel rapporto fonte-ricevente, French e Raven indicano cinque forme di potere comunicativo in cui il
ricevente può essere influenzato:
·
Gratificazione
nel
ricevere il messaggio;
·
Coercizione,
conseguenze
negative nel non aderire;
·
Proprietà
di riferimento, prestigio dell’emittente;
·
Potere
legittimo, si ritiene che l’emittente abbia il
diritto all’obbedienza;
·
Potere
esperto, possesso di un sapere superiore da parte di esperti.
Trenaman
sostiene da parte sua che l’efficacia del contenuto è legata alla ripetizione,
alla costanza e alla situazione di monopolio, a questo deve aggiungersi che
chiarezza e concretezza aumentano l’efficacia dell’argomento.
I mezzi di comunicazione di massa
possono creare panico o disordini
mediante un “effetto contagio”, connessi alla risposta di panico sono l’ansia,
la paura e l’incertezza in grado di precipitare le situazioni, ma anche l’incompletezza
e l’inaccuratezza dell’informazione possono partecipare alla creazione del
panico o disordini, per non parlare dell’effetto imitazione che si possono
scatenare nei comportamenti individuali di tipo patologico (Phillips).
Già Lazarfeld
individuava nella comunicazione di massa e in particolare nelle campagne
mediatiche un flusso comunicativo a “due stadi”, distinguendo gli “opinion
leaders” dal resto della popolazione, a questo aggiungeva una stratificazione
della popolazione secondo interessi. In successivi riesami si è giunti alla
conclusione che possano esservi più di due stadi nel flusso comunicativo, senza
che questo escluda la possibilità di effetti diretti sulla popolazione.
L’attenzione e la percezione giocano un
ruolo fondamentale, ma queste sono inglobate dalla “influenza personale” in cui
vi è l’elemento della “componente ideologica” che crea una “protezione”
strutturale e di legami personali (Robinson).
Sebbene si siano ampliate le fonti
conoscitive, solo una minoranza attenta ottiene più informazioni reali,
ampliando così lo scarto tra differenti gruppi di pubblico dove prevale la
rilevanza della differenza sociale (Scarti conoscitivi – Tichenor), accanto vi è il potere della “strutturazione dei
problemi” attraverso cui si determina l’agenda delle priorità, dirigendo
l’attenzione e plasmando le cognizioni (McCombs
– Show).
Se vi è un potere di definire l’agenda
delle priorità, definendo le situazioni, può senz’altro concludersi che vi è
una correlazione tra la definizione della realtà e le sue conseguenze reali (Thomas), noi viviamo su realtà
sovrapposte tra microcosmo personale e macrocosmo composto da strutture più
vaste.
Numero e varietà delle forme di comunicazione
di massa ne favoriscono l’influenza, rappresentando la complessità dei relativi
modelli (Slater – Elliott), dobbiamo inoltre considerare
la “variabile della competenza”, posseduta in misura diversa, che consente di
elaborare le informazioni ricevute dai mezzi di comunicazione.
Nella costruzione della realtà sociale
oltre alla “variabile della competenza”, interviene un secondo livello relativo
al modo di porsi verso i media in forma “attiva”, critica, o puramente
“passiva”.
La “percezione selettiva”, molto forte
per la carta stampata, perde slancio nei mezzi di comunicazione fondati
nell’immagine in movimento, intervengono tuttavia due ulteriori fattori: la
“cumulazione” e la “consonanza”, si crea una “spirale del silenzio” (teoria
della spirale del silenzio) che accelera l’effetto dei media seguendo i trends
già presenti nella società.
L’isolamento dal gruppo sociale in cui
vive risulta per il singolo una minaccia a cui reagisce con l’osservare
l’ambiente e conformarsi, pertanto atteggiamenti eccentrici non sono sempre
contrari al gruppo ma possono rientrare nel modello di gruppo e sono elemento
di integrazione, dobbiamo considerare che la coesione nei gruppi non è
scontata, ma deve essere continuamente rielaborata (Wolf), questo spiegano gli eccessi nelle tribù social.
Per Wolf
i fattori che intervengono nel messaggio sono :
·
La credibilità del comunicatore;
·
L’ordine delle argomentazioni;
·
La completezza delle argomentazioni;
·
L’esplicitazione delle conclusioni;
ma questi parametri implicano una
valutazione del destinatario del messaggio e possono essere superati dal
martellamento della “cumulazione” e “coerenza”.
Noelle
Neumann parla di effetti cumulativi, per cui i media hanno
effetti in gran parte inconsci, le persone mescolano percezioni dirette con quelle
filtrate attraverso i mezzi di comunicazione di massa in un unico blocco
indivisibile, confondendolo con i propri pensieri e le proprie esperienze.
Le nuove tecnologie favoriscono chi è
già ricco di informazioni, i quali sono anche in grado di evitare di rimanere
vittime di un sovraccarico informativo (Modello del Knowledge – gap) , tuttavia
gli scarti di conoscenza possono essere ridotti da “effetti – soglia”, quali la
ripetitività dell’informazione o la diminuzione della motivazione.
Un modello che si differenzia sia dalla
teoria della “spirale del silenzio” che dal precedente modello sopra descritto,
è quello elaborato da Ball Rokearch e De Fleur detto della dipendenza dai media, dove l’attenzione si
concentra più che sulla cumulatività delle influenze, sulla distinzione tra
l’esperienza diretta e quella mediata attraverso i media in cui si analizzano i
fattori sociali che ne ampliano gli effetti.
Le variabili che influenzano il sistema
sociale e gli individui rendendoli sensibili ai media possono essere:
·
Variabili
strutturali, relativi ai rapporti di
interdipendenza;
·
Variabili
contestuali, relativi ai caratteri ambientali,
·
Variabili
mediali, tipo e quantità del sistema comunicativo;
·
Variabili
interpersonali, relative alle attese e motivazioni dell’individuo
rispetto ai media;
·
Variabili
individuali, scopi personali raggiungibili
attraverso i media;
vi è in questa prospettiva una cerniera
tra le precedenti analisi macrosociali e le influenze a livello individuale.
Non si deve poi sottacere che i media
soddisfano delle esigenze personali (modello degli “usi e gratificazioni”),
queste sono determinate dalle situazioni sociali (Kurtz) che:
·
Producono tensioni e conflitti;
·
Consapevolezza di determinati problemi;
·
Soddisfare in modo vicario necessità non
altrimenti soddisfabili;
·
Affermazione e quindi rinforzo di certi
valori;
·
Fruizione di messaggi per ribadire la
propria appartenenza a determinati gruppi sociali.
Pertanto vengono soddisfatti i seguenti
bisogni (Katz – Haas – Gurevitch):
·
Cognitivi, conoscenza e comprensione;
·
Affettivo, estetici ed emotivi;
·
Integrativi a livello individuale e
sociale;
·
Evasione, allentando tensioni e
conflitti.
L’azione comunicativa nell’età moderna,
specie nei media, tende ad essere strumentale, difficilmente si può trasformare
in una forma di socievolezza senza utile né calcolo, in quanto uno degli
istinti evoluzionistici incorporati nei sistemi sociali è il controllo e
l’influenza dell’altro , indipendentemente dai valori non materiali e di verità
(Habermas).
La relazione comunicativa si fonda solo
in parte sulla realtà, ma nella maggior parte sull’immagine che ciascuno si fa
dell’altro, i messaggi vengono quindi confezionati e indirizzati in relazione a
questa immagine come le reazioni comunicative che si ricevono.
L’elemento che collega il concetto di
relazione e quello di comunicazione è lo scambio sociale, occorre considerare
inoltre se si tratta di uno scambio ristretto inclusivo o generalizzato “a rete
focalizzata sull’individuo” o “a rete focalizzata sul gruppo”, nella maggior
parte dei casi la comunicazione è a livello ristretto, solo nei social si tende
alla “rete focalizzata sul gruppo”.
Nel mondo virtuale si realizza quindi un
sovrapporsi tra la rete del livello ristretto focalizzata sull’individuo e il
livello più largo focalizzato sul gruppo, con un continuo rimando da una
focalizzazione all’altra, dobbiamo considerare che uno degli scopi della
comunicazione interpersonale è la soddisfazione dei nostri bisogni, in questi
rientra il sostegno al concetto che il soggetto ha di sé.
Nei media, a causa dell’ampiezza
dell’uditorio, si verificano due fenomeni: la strumentalizzazione e la
volgarizzazione, o tendenza a privilegiare la quantità e l’effetto sulla
qualità del messaggio.
In molti casi oggi i messaggi non
arrivano al godimento estetico ma si limitano a rapportarsi all’azione,
assolvendo pertanto una “funzione esemplare”, ossia esempio di azione, o una
“funzione vicaria”, sostituendo l’impossibilità di una realizzazione, queste
due funzioni talora coesistono.
L’individuo tende a muoversi secondo i
valori appresi durante la socializzazione primaria (direzione tradizionale),
tuttavia nel momento della crisi ed eventuale parziale estinzione dei valori
tradizionali, si verifica o una “autodirezione”, se maturo e completo come
personalità, altrimenti si verifica una “eterodirezione” (Riesman).
Nell’eterodirezione l’individuo perde ed
è espropriato dei propri valori tradizionali, questa può avvenire o come autoeccitazione
reciproca attraverso un movimento collettivo, oppure mediante la persuasione
della comunicazione di massa.
Nel primo caso si traduce spesso
nell’adesione ad un capo carismatico classico, impegnato o espressivo, di
spettacolo, che favorisce un senso di solidarietà tribale.
Il messaggio sembra essere accettato se vi è :
·
Credibilità della fonte;
·
Caratteristiche delle argomentazioni
(veridicità, plausibilità, congruenza con le opinioni possedute e conoscenze
precedenti);
·
Frequenza con cui viene esposta la
notizia e le argomentazioni a sostegno.
La “persuasione” si basa sugli aspetti
emotivi, mentre la “convinzione” su argomentazioni logiche, l’efficacia
persuasiva si fonda sull’intrecciarsi della contestualità informativa con la
presenza, concomitante o immediatamente precedente, delle reazioni emotive, con
un minore coinvolgimento o una lettura successiva è più facile individuare le
strategie persuasive messe in atto.
NOTE
·
Naisbitt J., Mega trends, Sperling &
Kupfer;
·
Eco U. , Costruire il nemico e altri
scritti occasionali, Bompiani 2012;
·
Bruner J., La cultura dell’educazione, Feltrinelli 2000;
·
Berruto G. – Cerruti M., Manuale di
sociolinguistica, UTET 2014;
·
Dertouzos M. L. , La rivoluzione
incompiuta , Harper Collins 2001;
·
Mc Luhan, Gli strumenti del comunicare,
Il Saggiatore, 1964;
·
Klapper J. , Gli effetti della
comunicazione di massa, ETAS 1974;
·
Mc Quail D. , Sociologia dei media, Il Mulino
2007;
·
Habermas J., La condizione
intersoggettiva, Laterza 2007;
·
Katz D. , La psicologia della forma, Bollati
Boringhieri 1979.