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venerdì 22 marzo 2019

Geografia Militare. L'Istituto geografico Militare




La Rivista  degli anni quaranta


Per il master di Storia Militare Contemporanea si consiglia di consultare il sito dell'Istituto Geografico Militare (www.Istituto Geografico Militare.it) e prendere visione di tutte le attività di questo Ente, sopratutto le pubblicazioni di carattere geografico. La Rivista UNIVERSO rappresenta uno dei punti di riferimento dell'aggiornamento di carattere geografico nel panorama italiano.

i due moduli di geografia del Master sono già stati inseriti in
piattaforma

La rivista di  fine secolo


Ancora una volta si si ribadisce l'assioma che per approfondire 
la Storia 
occorre conoscere ed approfondire la Geografia


La rivista oggi


mercoledì 20 marzo 2019

Una indicazione orientativa

Una delle indicazioni che si possono dare
nell'affrontare e frequentare il
Master di 1° Livello
in
STORIA MILITARE CONTEMPORANEA 1796 - 1960
è quello di indossare, a sera, 
dopo una giornata di svago e riposo
indossare i panni curiali e scrivere qualche notarelle in merito



La lettera a Francesco Vettori


Magnifico oratori fiorentino Francischo Vectori apud Summum Ponteficem, patrono et benefactori suo. Romae .

Magnifico ambasciatore. «Tarde non furon mai grazie divine» . Dico questo perché mi pareva haver perduta no, ma smarrita la grazia vostra, sendo stato voi assai tempo senza scrivermi, ed ero dubbio donde potessi nascere la cagione . E di tucte quelle che mi venivono nella mente tenevo poco conto, salvo che di quella quando io dubitavo non vi havessi ritirato da scrivermi, perché vi fussi suto scritto che io non fussi buon massaio delle vostre lettere ; e io sapevo che, da Filippo e Pagolo in fuora, altri per mio conto non le haveva viste . Honne rihauto per l’ultima vostra de’ 23 del passato; dove io resto contentissimo vedere quanto ordinatamente e quietamente voi esercitate cotesto offizio pubblico ; e io vi conforto a seguire così, perché chi lascia i sua comodi per li comodi d’altri, e’ perde e’ sua , e di quelli non gli è saputo grado . E poiché la fortuna vuol fare ogni cosa, ella si vuole lasciarla fare, stare quieto e non le dare briga , e aspettare tempo che la lasci far qualche cosa agl’huomini; e all’hora starà bene a voi durare più fatica, vegliar più le cose , e a me partirmi di villa e dire: eccomi. Non posso pertanto, volendovi rendere pari grazie, dirvi in questa mia lettera altro che qual sia la vita mia, e se voi giudicate che sia a barattarla con la vostra, io sarò contento mutarla.

Io mi sto in villa, e poiché seguirono quelli miei ultimi casi, non sono stato, ad accozarli tutti, venti dì a Firenze . Ho insino a qui uccellato a’ tordi di mia mano . Levavomi innanzi dì, impaniavo, andavone oltre con un fascio di gabbie addosso, che parevo il Geta quando è tornava dal porto con i libri di Anphitrione ; pigliavo al meno dua, al più sei tordi. E così stetti tutto settembre; dipoi questo badalucco, ancorché dispettoso e strano, è mancato con mio dispiacere ; e quale la vita mia vi dirò . Io mi lievo la mattina con el sole e vommene in un mio bosco che io fo tagliare, dove sto dua hore a rivederl’opere del giorno passato, e a passar tempo con quegli tagliatori, che hanno sempre qualche sciagura alla mane o fra loro o co’ vicini. E circa questo bosco io vi harei a dire mille belle cose che mi sono intervenute , e con Frosino da Panzano e con altri che voleano di queste legna. E Frosino in spezie mandò per certe cataste senza dirmi nulla, e al pagamento mi voleva rattenere 10 lire, che dice haveva havere da me quattro anni sono, che mi vinse a cricca in casa Antonio Giucciadini . Io cominciai a fare il diavolo; volevo accusare il vetturale, che vi era ito per esse, per ladro ; tandem Giovanni Machiavelli vi entrò di mezzo, e ci pose d’accordo. Batista Guicciardini, Filippo Ginori, Tommaso del Bene e certi altri cittadini, quando quella tramontana soffiava , ognuno me ne prese una catasta. Io promessi a tutti, e manda’ne una a Tommaso, la quale tornò a Firenze per metà, perché a rizzarla vi era lui, la moglie, le fante, e figliuoli , che pareva il Gabburra quando il giovedì con quelli suoi garzoni bastona un bue . Dimodoché, veduto in chi era guadagno , ho detto agl’altri che io non ho più legne; e tutti ne hanno fatto capo grosso , e in specie Batista, che connumera questa tra le altre sciagure di Prato .

Partitomi del bosco, io me ne vo a una fonte, e di quivi in un mio uccellare ; ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori , come Tibullo, Ovidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni e quelli loro amori; ricordomi de' mia, godomi un pezzo in questo pensiero . Transferiscomi poi in sulla strada nell'hosteria, parlo con quelli che passano, dimando delle nuove de' paesi loro, intendo varie cose, e noto vari gusti e diverse fantasie d'huomini. Viene in questo mentre l'hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta . Mangiato che ho, ritorno nell'hosteria: quivi è l'hoste, per l'ordinario , un beccaio , un mugnaio, due fornaciai. Con questi io m'ingaglioffo per tutto dí giuocando a criccha, a triche-trach , e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose , e il più delle volte si combatte un quattrino e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano . Cosí rinvolto entra questi pidocchi traggo il cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi .

Venuta la sera, mi ritorno in casa, e entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali ; e rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio, e ch’io nacqui per lui ; dove io non mi vergogno parlare con loro, e domandoli della ragione delle loro actioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, dimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza senza lo ritenere lo havere inteso , io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale , e composto uno opuscolo De principatibus , dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto , disputando che cosa è principato, di quale spezie sono, come e' si acquistono, come e' si mantengono, perché e' si perdono. E se vi piacque mai alcuno mio ghiribizo , questo non vi doverrebbe dispiacere; e a un principe, e massime a un principe nuovo, doverrebbe essere accetto ; però io lo indirizzo alla Magnificenza di Giuliano . Filippo Casavecchia l'ha visto; vi potrà ragguagliare in parte e della cosa in sé, e de' ragionamenti ho hauto seco , ancor ché tuttavolta io l'ingrosso e ripulisco .

Voi vorresti, magnifico ambasciatore, che io lasciassi questa vita e venissi a godere con voi la vostra. Io lo farò in ogni modo, ma quello che mi tenta hora è certe mie faccende che fra 6 settimane l'harò fatte. Quello che mi fa star dubbio è che sono costì quelli Soderini, e quali sarei forzato, venendo costì, vicitargli e parlar loro . Dubiterei che alla tornata mia io non credessi scavalcare a casa, e scavalcassi nel Bargiello , perché, ancora ché questo stato habbi grandissimi fondamenti e gran securità, tamen egli è nuovo, e per questo sospettoso , né manca di saccenti, che, per parere come Pagolo Bertini, metterebbono altri a scotto, e lascierebbono il pensiero a me . Pregovi mi solviate questa paura, e poi verrò infra il tempo detto a trovarvi a ogni modo.

Io ho ragionato con Filippo di questo mio opuscolo, se gli era ben darlo o non lo dare; e, sendo ben darlo, se gli era bene che io lo portassi, o che io ve lo mandassi . Il non lo dare mi faceva dubitare che da Giuliano e' non fussi, non che altro, letto, e che questo Ardinghelli si facessi honore di questa ultima mia faticha . Il darlo mi faceva la necessità che mi caccia, perché io mi logoro , e lungo tempo non posso star così che io non diventi per povertà contennendo . Appresso al desiderio harei che questi signori Medici mi cominciassino adoperare, se dovessino cominciare a farmi voltolare un sasso ; perché, se poi io non me gli guadagnassi, io mi dorrei di me ; e per questa cosa, quando la fussi letta, si vedrebbe che quindici anni che io sono stato a studio dell'arte dello stato, non gli ho né dormiti né giuocati ; e doverrebbe ciascheduno haver caro servirsi di uno che alle spese d’altri fussi pieno di esperienzia . E della fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, havendo sempre observato la fede, io non debbo imparare hora a romperla ; e chi è stato fedele e buono quarantatré anni, che io ho, non debbe poter mutare natura ; e della fede e bontà mia ne è testimonio la povertà mia.

Desidererei adunque che voi ancora mi scrivessi quello che sopra questa materia vi paia , e a voi mi raccomando. Sis felix .

Die 10 Decembris 1513.

Niccolò Machiavelli in Firenze

martedì 19 marzo 2019

Una data di apertura

MASTER DI 1° LIVELLO in
STORIA MILITARE CONTEMPORANEA 1796 - 1960
Apertura della piattaforma

Nella data anniversaria della proclamazione del Regno d'Italia
17 marzo 1861 - 17 marzo 2019
si sono attivate le procedure informatiche 
 per l'apertura della piattaforma elearning del
Master in Storia Militare Contemporanea


«Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861». 


Sono queste le precise parole del testo di legge n. 4671 del Regno di Sardegna, 
che di lì a poco sarebbe diventato la legge n. 1 del neonato Regno d’Italia


info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

giovedì 14 marzo 2019

Casa dell'Aviatore. Roma Conferenza

Il giorno 26 marzo 2019  alle ore 09.30 presso la Casa dell’Aviatore (sala Baracca)
ll Cesma ha il piacere d’invitare la S.V. alla
conferenza
L’AERONAUTICA NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
La conferenza di circa 3 h prevede i seguenti interventi:
Prof. Gregory Alegi (inquadramento storico generale) e Dott. Paolo Varriale (Il Raggruppamento Caccia)
(b) Tenente Colonnello AARAN. Edoardo Grassia (il Fronte Clandestino a Roma);
il Ten. Col. Grassia, in servizio presso l’Ufficio Storico di SMD ed attualmente fruitore di un dottorato di ricerca,  è autore di una biografia sulla M.O.V.M.M. Gen. Sabato Martelli Castaldi, edita da Mursia.
(c) Giuseppe Arcangeli, vice presidente Ass. Trasvolatori Atlantici
Il gen. Lamberto Bartolucci porterà la testimonianza degli avvenimenti armistiziali presso
l’Accademia Aeronautica a Forlì e della propria partecipazione alla lotta clandestina a Roma
 Il gen. S.A. (aus.) Giorgio Baldacci ha dato la sua disponibilità come moderatore.

L'invito è esteso anche ai collaboratori che la S.V. vorrà designare
Abstract di dettaglio su www.cesmamil.com

Si rappresenta che saranno effettuate registrazioni audio, video e fotografiche per gli atti della conferenza.
Per registrarsi inviare una mail a : segreteriacesma@cesmamil.org
Previa prenotazione, tramite la stessa email, sarà possibile usufruire del ristorante della Casa Aviatore.
NOTA : Presso la Casa Aviatore è richiesto che i Signori indossino giacca e cravatta (no jeans)
(Se si desidera non ricevere in futuro questo tipo di comunicazione inviare una mail a segreteriacesma@cesmamil.org)

sabato 9 marzo 2019

Perestrojka

Maurizio Vezzosi

Le persone ridotte in schiavitù nell'ex Unione Sovietica si contano nell'ordine della centinaia di migliaia: qui il costo di uno schiavo è compreso tra i quindici ed i ventimila rubli, una cifra grossomodo quantificabile tra i duecento ed i duecentosettanta euro.

di Maurizio Vezzosi

Mosca - Makhachkala – Il senso comune darebbe la schiavitù per debellata da  almeno un paio di secoli, almeno in Europa ed almeno rispetto allo sfruttamento della forza-lavoro. Nell'Europa dei nostri giorni la schiavitù è invece una piaga drammaticamente attuale: nel mondo ex-sovietico la schiavitù è riemersa in un ordine di grandezza inquietante durante gli anni di Eltsin. soprattutto nel Caucaso settentrionale. Come testimonia il documentario “Il mercato degli schiavi” girato in Cecenia in quegli anni, a ridosso del mercato di Urus-Martan, cittadina allora controllata de facto da un clan legato al wahabismo della regione, si trovava addirittura un edificio adibito a rivendita di schiavi. 

Oltre ai sistema delle proprietà, che legava i contadini al latifondo, nella Russia zarista il commercio di esseri umani era largamente diffuso. Secondo le testimonianze del tempo nei bazar ottomani del diciottesimo e del diciannovesimo secolo era piuttosto comune trovare schiavi a disposizione di mercanti ed acquirenti: molti di questi schiavi provenivano dal Caucaso settentrionale, definitivamente conquistato dai russi solo nel 1864. Le navi dei mercati turchi salpavano dalla costa georgiana per trasportare gli schiavi caucasici ad Istanbul, e da qui a Smirne, e verso l'Egitto. 

Oggi il baratro della schiavitù in cui sprofondano migliaia di persone comincia ad appena qualche chilometro dagli sfarzi del centro di Mosca. Alcolisti, tossicodipendenti, senza tetto, persone con disturbi mentali vengono avvicinate e ricevono delle proposte lavorative che, nella loro condizione, appaiono interessanti. Nel caso di persone indebitate, viene presentata loro la possibilità di saldare il debito con un periodo di lavoro: o dal creditore, o da parte di “specialisti” del recupero crediti. Le proposte di lavoro riguardano generalmente impieghi nelle regioni periferiche della Federazione Russa, o a ridosso delle sue frontiere. 

Convinti a mettersi in viaggio, si dirigono verso le destinazioni loro assegnate: a volte soli, altre con gli stessi reclutatori da cui sono stati avvicinati. Il Caucaso settentrionale è una delle più frequenti: Daghestan, Circassia, Cecenia ed altre regioni. Durante il viaggio, o appena arrivati nella destinazione loro assegnata vengono privati immediatamente dei documenti: gli vengono sottratti passaporto, effetti personali, soldi e qualsiasi strumento di comunicazione, per poi essere portati nei luoghi dove saranno costretti a lavorare in condizioni addirittura peggiori di quelle degli operai e dei contadini della Russia zarista. I ritmi di lavoro sono terrificanti: spesso le migliaia di schiavi post-sovietici lavorano dalle sei di mattina alle nove di sera, non di rado indipendentemente dalle condizioni meteorologiche -  spesso proibitive – e quasi sempre senza alcun giorno di riposo e senza alcuna libertà di movimento. Senza alcun tipo di retribuzione, se non l'indispensabile per sopravvivere. Spesso vivono nelle baracche, in condizioni igieniche che probabilmente risulterebbero inadeguate persino per gli animali, sotto il torchio di umiliazioni, di violenze fisiche e psicologiche.  Costretti a fabbricare mattoni, lavorare nei campi o negli allevamenti, molti di loro trascorrono in queste condizioni interminabili anni. Tutto questo, nel caso di persone sole, avviene spesso a completa insaputa della famiglia e dei conoscenti: questi anche se consapevoli difficilmente riescono ad avere notizie, ed attivarsi di conseguenza per rendere possibile la liberazione della persona ridotta in schiavitù. “Un amico mi disse che un suo parente era stato portato in Daghestan, e ridotto in schiavitù. Inizialmente non ci credevo molto, ma mi sono andato ad andare in Daghestan. Lo abbiamo liberato insieme, e poco dopo, abbiamo liberato un'altra persona che si trovava nello stesso luogo. Nonostante avessi contattato da subito molti giornalisti per raccontare la vicenda, in primo momento nessuno aveva parlato di quello che era successo. Non credevo che da questa esperienza sarebbe nato un progetto strutturato, ma settimana dopo settimana il nostro lavoro andava avanti e si strutturava man mano. Da quando abbiamo cominciato sono passati già sette anni.” spiega Oleg Melnikov, fondatore dell'organizzazione Alternativa, attualmente la principale realtà non governativa che fronteggia il problema della schiavitù nel mondo ex-sovietico. Il giovane racconta a L'Espresso: “Dall'inizio della nostra attività abbiamo liberato fisicamente quasi settecento persone e ridato loro una dignità. Vorremmo occuparci anche del loro sostegno psicologico e del loro reinserimento sociale e lavorativo. Tuttavia la nostra attività è particolarmente dispendiosa, ed i nostri fondi sono limitati. Non abbiamo abbastanza risorse”. E sul ruolo delle istituzioni aggiunge:  “Grazie al nostro lavoro l'attenzione dei media e delle istituzioni federali è cresciuta, ma continua a non essere sufficiente. Manca anche una legge specifica che definisca in termini chiari la schiavitù, contemporanea per evitare empasse burocratici”.

In alcuni casi, come quello di Dmtry Pavlilov e molti altri, dopo essere state avvicinate dai reclutatori per diventare schiavi, le persone assumono a loro insaputa bevande con farmaci o narcotici, così da semplificare il lavoro al reclutatore. Prima del caso di Dmtry Pavlilov, per trovare conferma di queste modalità, Oleg Melnikov, si era fin to un senzatetto, e per una settimana si era accampato alla stazione Kazanskij di Mosca. Dopo essere stato avvicinato da un reclutatore, gli era stata offerta una bevanda: poco dopo, mentre già stordito dal narcotico assunto veniva fatto salire su un minibus diretto in Daghestan, era riuscito ad avvertire i suoi compagni, scongiurando il peggio. Melnikov racconta di aver sfiorato l'overdose, e di essere stato per questa ragione costretto al ricovero ospedaliero per vari giorni.

“Appena sono arrivato mi hanno tolto tutto: la borsa, i soldi, i documenti. – racconta Alexandr Sukov, riguadagnatosi la libertà lo scorso gennaio dopo un mese e mezzo di schiavitù – Mi avevano promesso una paga tra i venti ed i venticinquemila rubli (circa tra i duecentosettanta e i trecentotrenta euro, NdA) ma non ho mai visto un soldo. Come molti altri ho cominciato a lavorare in una fabbrica di mattoni in Daghestan. Da subito ho pensato alla fuga: alla fine, di notte per fortuna sono riuscito a scappare”. 

In altri casi tentativo di fuga è assai meno fortunato, e viene pagato caro. In Daghestan, così come altrove, spesso gli impresari e reclutatori coinvolti nello sfruttamento godono della complicità – retribuita - di autisti, tassisti, e persone che lavorano nelle autostazioni, ed in caso di fuga  di  uno degli schiavi acquistati hanno il compito specifico di rintracciarli e riportarli indietro.

Nella Russia dei nostri giorni il costo di uno schiavo è compreso tra i quindici ed i ventimila rubli, una cifra grossomodo quantificabile tra i duecento ed i duecentosettanta euro. Sebbene non esistano statistiche complessive sulle persone ridotte in schiavitù nel mondo post-sovietico, escludendo dal conteggio la schiavitù sessuale e considerando la sola schiavitù finalizzata allo sfruttamento della forza-lavoro, molti ritengono che l'ordine di grandezza del fenomeno sia quelle delle centinaia di migliaia. I luoghi in cui si consumano gli orrori della schiavitù sono spesso quelle zone dove il potere centrale si fa distratto per concretizzare quello che risulta l'unico compromesso possibile con i poteri dei clan e dei gruppi criminali locali: compromessi la cui necessità, soprattutto nel caso del Caucaso settentrionale, urta non poco il Cremlino, in particolare rispetto a regioni come Daghestan, Kabardino-Balkaria, Circassia, Cecenia. 

Sia durante la storia sovietica, che durante la Perestrojka, i tempi torbidi degli anni novanta, il Daghestan - come il resto della regione – si è caratterizzato da un complesso rapporto con il Cremlino, costretto a districarsi tra forzature e compromessi con le élite locali, la corruzione, ed i gruppi criminali. 

Alla fine del 2017 il presidente della Repubblica autonoma del Daghestan Ramazan Abdulatipov è stato sostituito con una nomina prefettizia da Vladimir Vasiliev, il primo presidente della regione che non appartiene a nessuno dei principali gruppi etnici locali: una nomina, quella di Vasiliev, che lascia intendere che il diffuso malcostume abbiano esaurito la pazienza di Mosca.
Alcune settimane fa Vladimir Putin si è recato in visita a Makhachkala, capitale del Daghestan: lo scopo della visita – almeno ufficialmente – ha riguardato la situazione economica, politica e sociale della regione. Il Daghestan è infatti la regione che pesa di più in termini assoluti nel bilancio federale: un sostegno, quello di Mosca, che vale quasi un miliardo di dollari l'anno. Una parte rilevante di questi soldi viene risucchiata dal vortice della corruzione, lasciando irrisolti molti problemi della regione, come quello della disoccupazione, della radicalizzazione islamica, e della  larga diffusione della schiavitù. 

Uno degli aspetti che emerge dalle testimonianze delle persone costrette alla degradazione schiavistica è l'accettabilità sociale della loro condizione, testimonianze che non lasciano spazio a fraintendimenti. Oggi, sebbene finora ignorate da molti, le forme della schiavitù, in alcuni contesti del mondo ex-sovietico vengono considerate legittime, e quindi accettabili. Nel mondo ex-sovietico alcuni degli schiavi dei nostri giorni, ignorano persino di avere il diritto di andarsene dai luoghi in cui vengono annichiliti.

venerdì 8 marzo 2019

La festa della donna




 


 
8 Marzo: Il messaggio dell’ Associazione
 “Un ricordo per la pace”


Elisa Bonacini

Questo 8 marzo è una giornata triste per tutte le donne. Ritengo assurdo rivolgere gli auguri alle donne quando alla vigilia di questa ricorrenza tre giovani donne sono state brutalmente strappate alla vita, quando la cronaca tristemente tutto l’anno, a giorni alternati, riporta un femminicidio.
È un’escalation senza fine l’acuirsi di fenomeni contro le donne e la loro dignità. Oltraggi perpetuati verso il corpo femminile di cui l’uomo in molti casi sembrerebbe arrogarsi il diritto di essere padrone assoluto.
La “festa della donna” non è una festa come le altre, è una giornata conquistata per difenderne i diritti passo dopo passo faticosamente conquistati. Le donne non hanno più bisogno di auguri, del rametto di mimosa regalata spesso dal peggiore maschilista, che per tutto il resto dell'anno la relega in posizione subordinata sia in famiglia che in campo lavorativo.
C’è bisogno, e subito, di una rivoluzione culturale, di rimuovere il germe del retaggio maschilista ancora pericolosamente vitale anche nel nostro Paese. Ma la strada per il cambiamento appare lunga e tortuosa, segnata da pregiudizi e discriminazioni anch’essi non completamente sradicati nel profondo della comune coscienza. Non dimentichiamo che il "delitto d'onore" in vigore fino al 1981 concedeva fortissime attenuanti al maschio omicida ed era punito con la reclusione da 3 a 7 anni, quanto il furto di un motorino. Una recente sentenza ha dimezzato la pena all’assassino della propria compagna causa “tempesta emotiva”. Sta trillando un preoccupante campanello di allarme. Attenzione!
Non servono auguri oggi, ma le Istituzioni esprimano con i fatti la stima per le donne che con il proprio impegno danno un importante contributo alla società. Nonostante tante difficoltà, divise tra famiglia e lavoro, perseguono i propri progetti con determinazione. Quella delle donne è una forza straordinaria, insita nella propria natura di madri della vita e mediatrici di amore e di pace.
W tutte le donne!