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venerdì 20 marzo 2015

Convegno alla Sapienza: 11 marzo 2015. Nota

Italia e il Mare tra geopolitica, sicurezza nazionale e strategia economica


di 

 Anastasia Latini

Il 15 marzo nell'aula del Rettorato della Sapienza di Roma si è tenuta la conferenza “Italia e il Mare tra geopolitica, sicurezza nazionale e strategia economica” a cui hanno partecipato numerose personalità del mondo politico ed accademico per confrontarsi su un argomento centrale per lo sviluppo del nostro paese, eppure spesso messo ai margini del dibattito pubblico:  il Mediterraneo.
Il mare nostrum è di nuovo salito agli onori della cronaca, da qualche anno, specialmente in relazione ai numerosi sbarchi di emigranti che attraversano la distesa d'acqua che ci separa dalle coste del Nord Africa, spesso con esiti drammatici.
In questo seminario si sono voluti affrontare i vari aspetti e le varie sfaccettature del nostro rapporto con il Mar Mediterraneo perché, come si è spesso ripetuto nel corso delle dissertazioni, l'Italia con i suo quasi ottomila chilometri di coste è uno Stato fondato sul mare, anche se spesso sottovalutiamo questa nostra imprescindibile dimensione marina.
Ad oggi che le coste mediterranee sono scosse da profondi sommovimenti politici, religiosi ed economici è centrale tornare ad analizzare le problematiche che le scuotono, in funzione soprattutto di riproporne in ambito internazionale la centralità e richiamare l'attenzione su cosa accade alla frontiera meridionale d'Europa.
Con il saluto del Magnifico Rettore, del direttore del Dipartimento di Scienze Politiche, Fulco Lanchester, e degli onorevoli Rossi e Velo si sono dunque aperti i lavori sulla prima parte riguardante lo spostamento degli assi geopolitici, ovvero il mare e la sicurezza nazionale.
Sono intervenuti illustri relatori come i senatori Pier Ferdinando Casini e Nicola LaTorre, i quali hanno esposto le maggiori problematiche che ci troviamo ad affrontare: dalla crisi ucraina allo spostamento degli interessi statunitensi verso il Sud-est asiatico, la nota emersa è che le vicissitudini del Medio Oriente, da cui siamo divisi solo da un braccio di mare, riguardano sempre più da vicino l'Europa che deve tornare ad occuparsi da protagonista, non da attore subordinato, del grande scenario mediterraneo.
L'Ammiraglio De Giorgi, capo di Stato Maggiore della Marina, ha ulteriormente chiarificato la situazione evidenziando come diversi fattori abbiano contribuito a creare un clima di instabilità: il cambio del blocco delle alleanze, la globalizzazione, la pressione demografica esercitata dai paesi poco sviluppati accentuata dall'effetto dei cambiamenti climatici che impoverisce ulteriormente il retroterra contadino dal quale molti provengono, e che spinge a grandi esodi verso il nostro continente e attraverso il Mediterraneo.
Come hanno rilevato lui e i relatori che l'hanno seguito c'è uno spostamento degli interessi internazionali verso il mare che, insieme ad internet, è il grande pilastro della globalizzazione mondiale: il 65% della popolazione vive a ridosso delle coste e il 90% delle merci si sposta sull'acqua di cui il 19% nel solo Mediterraneo.
Il professor Gianfranco Lizza ha spiegato l'importanza della costruzione di una sinergia tra le due sponde nella seconda parte, che verteva proprio sulle strategie economiche e le rotte marine, indicando come l'Europa abbia guardato ad est quando sono il Nord Africa e il Medio Oriente, al momento dilaniati da uno scisma religioso tra sunniti e sciiti, i concorrenti diretti nel controllo del bacino.
Il rafforzamento della nostra Marina ricopre un ruolo centrale nel potenziamento dell'influenza italiana, a fronte degli investimenti di stati come il Marocco o l'Algeria che puntano ad una posizione di hub portuali sul Mediterraneo.
Questo aspetto è stato ribadito anche da Luca Sisto (Confitarma) che ha fatto notare come il nostro paese sia “amarittimo”, come non si sia dotato nel corso del tempo degli strumenti necessari allo sviluppo del settore: in Italia manca un ministero della Marina Mercantile, fatto inconcepibile per un paese che vanta una flotta di 1500 navi, la maggior parte delle quali privata.
Argomento ripreso da Alberto Maestrini, direttore costruzione navi militari di Fincantieri, che ha spiegato i punti di forza di questa industria, che produce un introito di 4 miliardi l'anno e che mantiene le competenze e il know how in Italia, un aspetto oggi tutt'altro che secondario.
Il professor Paolo Sellari ha spiegato come ci sia un problema di competitività del paese che contribuisce a  produrre il gap logistico di cui soffre il Mediterraneo: la “nuova” (riconducibile agli anni Ottanta) forma dei traffici marittimi basata sul sistema degli hub spoke, basata a sua volta sulle rotte “giramondo”, ha rivoluzionato i commerci su scala mondiale, insieme alla verticalizzazione dei porti che sono oggi centri borsistici di prim’ordine e non si fondano più su un’economia labour intensive ma capital intensive.
Il dottor Daniele Scalea ha concluso la dissertazione mettendo in evidenza come tra le due crisi che oggi maggiormente interessano l'Europa, ucraina e medio orientale, sia stata la prima a catturare in modo più marcato l'attenzione dell'Occidente.
L'estremismo salafita, benché militarmente non sia una minaccia per l'Europa, rimane una minaccia per il Mediterraneo, e lo Stato Islamico, sua derivazione, nasce da quella pianta difficile da sradicare che ha dato vita anche ad al Qaeda e alle sue mille ramificazioni, principale ostacolo ad una convergenza di interessi dei paesi mediterranei.
Tornare a parlare di Mediterraneo è oggi indispensabile allo sviluppo dell'Unione Europea e al suo processo di integrazione politica che deve svilupparsi a prescindere dall'autorità sempre più lontana degli Stati Uniti, anche per via del crescente divario tra le due sponde dell'Atlantico.

Occuparsi del Mediterraneo, rimetterlo al centro di un dibattito e di un ragionamento di lungo periodo è la necessità primaria emersa in questa giornata che ne a marcato l'importanza per il nostro percorso futuro.

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