Credo di far cosa gradita inviando copia della conferenza del Prof. Romano Pasi tenutasi il 4 ottobre 2016 all’Università della Terza Età di Cesena, sul tema:
Maurizio Bufalini: un grande medico, protagonista del Risorgimento
MAURIZIO BUFALINI
Venire a parlare di Maurizio Bufalini a Cesena mi ha un po' spaventato e
intimidito, con la strana sensazione di essere uno che voglia andare a
vendere vasi a Samo. Si è vero ne ho scritto tanti anni fa una biografia, quasi
15 anni fa, quando non ero così ancora così vecchio come sono ora,
convinto allora di aver visto tutto o quasi su d;lui, ffid & ora ne ho qualche
dubbio ,(ffi nonostante ciò continuo a credere di potere lavorare ad altri
libri. Ma il giudicare di se stessi è una di quelle ardue imprese che può
riservare, lo so, qualche spiacevole sorpresa.
Va bene, torniamo al nostro Maurizio, che ebbe la fortuna di nascere in
una famiglia di medici, di avere un padre medico condotto di chirurgia a
Cesena, Jacopo, che si era laureato a Firenze con il più noto e famoso
chirurgo di allora il Prof. Angelo Nannoni e che godeva la stima di un
Michele Rosa e di un Antonio Testa. Suo padre Jacopo era nato nel L743 e
morì nel 1815.
ll figliolo Maurizio scrisse poi le lodi di questo suo padre, valente medico.
A sua volta Maurizio era nato a Cesena il 4 giugno 1787 (due anni prima,
quindi della rivoluzionefrances€), e morì a Firenze il 31 marzoL875, percui
nella sua vita passò dalle ripercussioni napoleoniche, alle varie insurrezioni
e guerre risorgimentali, fino a vedere prima di morire l'ltalia unita, con una
vita passata tra le polemiche e le sventure familiari.
A 16 anni, dopo le scuole secondarie che riteneva che poco gli avessero
giovato, scelse di fare il medico e s'inscrisse alle lezioni di Michele Rosa, che
si era trasferito a Rimini, dopo la soppressione dell'Università modenese
con l'invasione dei francesi, dove aveva la cattedra di Clinica Medica.
Michele Rosa era un personaggio notevole, si era formato a Bologna con il
Beccari e a Padova con il Morgagni, il grande anatomista, che legava le sue
indagini anatomo-patologiche ad una corretta interpretazione dei sintomi.
ll Rosa era un sostenitore della Vis medicotrix noturoe percui riteneva insite
nell'uomo capacità di autoguarigione. Per due anni seguì le sue lezioni, poi
dovendo iscriversi all'università, il Rosa stesso lo raccomandò al prof. Testa,
che allora aveva la cattedra di Clinica medica a Bologna e nel novembre
1805 venne qui accolto nel secondo anno di medicina. Si laureò nel 1809.
Già stava prevalendo, però, a Bologna ed altrove la medicina sistemica
vitalista, una dottrina del tutto diversa da quella insegnatagli da suo padre,
dal Rosa e anche dal Testa.
lncuriosito volle nello stesso anno della laurea trasferirsi a Pavia e seguire
le lezioni dello Scarpa il grande anatomista dell'orecchio e del sistema
nervoso fino all'estate del 1810 e poi andò a Milano nel covo del vitalismo,
dove allora insegnava il Prof. Giacomo Tommasini, che aveva di poco
riformato il pensiero vitalista di Giovanni Rasori, basato, a sua volta sulla
dottrina del Brown. Si trattava di un principio unico che spiegava tutta la
patologia e trova il favore del nuovo clima napoleonico e ed il Tommasini
era acclamato il nuovo capo scuola della medicina italiana. La salute
consisteva nell'equilibrio tra lo stimolo e i gradi dell'eccitabilità. La malattia
si aveva per eccesso o difetto di stimolazione.
ll Bufalini tornò a Cesena sicuro che la dottrina che credeva di aversvelato
tutti imisteri delle malattie in base ad un unico cervellotico principio, era
sbagliata, ma godendo essa allora il favore dei consensi della medicina
ufficiale, sapeva anche che sarebbe, nell'affrontarla, stato solo contro tutti.
Tornò a Cesena e nel 1810 cominciò a lavorare nell'Ospedale degli esposti.
Nel 18L1 diventa medico coadiutore dell'Ospedale. Tutta la problematica
dei cronici, dei turni delle infermiere, dello scarso finanziamento, lo
tormentano continuamente. Nel L813 è nominato medico cosiddetto
assoluto. Denuncia pure alle autorità inumerosi casi di pellagra nelle
campagne cesenati. La pratica ospedaliera lo convince, intanto, che la
conoscenza medica si reggeva solo sull'osservazione e sull'esperimento.
Scrive così un Soggio sulla dottrina dello vito, é questa sua opinione in via
prowisoria la fa leggere al vecchio Rosa. ll Rosa, ormai agli ultimi giorni della
sua vita, lo approvò e lo incoraggiò, ma non potè vederlo pubblicato nel
1813 nella forma definitiva e nemmeno le ingiuste polemiche che suscitò.
La dottrina vitalista, sosteneva, in base ad un unico astratto aprioristico
principio voleva spiegare tutte le malattie, mancava di osservazioni basate
sull'anatomia, sulla clinica, sulla microscopia patologica.
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ll fenomeno vita ha una sua base organica complessa, con fenomeni fisici
e chimici, che vanno studiati sperimentalmente nella loro reale
concatenazione. La sua concezione, poi, che si rifaceva alta scuota
salernitana e allo sperimentalismo galileiano, voleva una base materiale alle
patologie- Le sue predilette letture di filosofi erano poi quelle di Locke,
Condillac e Stuart Mill, filosofi pragmatici di una reattà immanente da
conoscere in via sperimentaBf6 confortavano. Le sue idee gli diedero una
fama, ma guai ed opposizioni a non finire, e anche perdere it suo posto
nell'Ospedale di Cesena. Egli precedeva di 50 anni il lavoro di Claude
Bernard sul metodo sperimentale, ma ci sono conseguenze serie per i
precursori, lo sapete bene.
Per fortuna il prof. Antonio Testa, ordinario di Clinica Medica, nell'ottobre
1813, ormai in cattive condizioni di salut€, € che aveva apprezzato it suo
Saggio sulla dottrino dello vita, che aveva assestato un duro colpo al
traballante edificio dei controstimolisti, lo chiamò a Bologna per farsi
sostituire da lui nelle lezioni. Eglitrovò il mondo accademico e studenti ostili
e schierati compatti con il Vitalisffio, disertare le sue lezioni.
Finito il corso il Bufalini tornò a Cesena mortificato e depresso. lntanto, il
Testa morì e la cattedra andò a concorso, & fu vinta dal Tommasini, che
non ne prese possesso. Dot'era il Tommasini prendeva già mille scudi e a
Bologna ne davano solo seicento.
All'inizio dell'anno scolastico 1814-L5 richiamarono Bufalini a riprendere il
suo posto come assistente, ma questa volta le sue lezioni cominciarono ad
affascinare gli studenti. lntanto, net 1815 l'era napoteonica era finita, il
Tommasini venne chiamato a ricoprire la sua cattedra, e Bufalini se ne tornò
subito a Cesena, per non dover condividere come suo assistente le lezioni
sul vitalismo. Poi le cose andarono in realtà cosi: ll papa pio Vll, Chiaramonti
cesenate, era tornato a Roma, e mons. Giustiniani venne a reggere
l'università a Bologna e licenziò tutti iprof. universitari, perché non voteva
rimettere in cattedra chi dispiaceva al governo pontificio, ma fece chiedere
al Bufalini, attraverso il fratello del papa, Don Gregorio Chiaramonti, se
accettava di ricoprire la cattedra. Bufalini gli disse che avrebbe preferito
quella di Patologia generale, ma netla lista mandata a Roma vi figurava per
la Clinica Medica. lnformato il Tommasini dal medico personale del papa
della cosa, egli supplicò il papa che lo confermasse nella cattedra
coll'onorario di mille scudi. ll papa acconsenti e il Bufalini rimase a spasso.
Si aprì una parentesi buia nella vita cesenate di Bufalini. Suo padre morì il
L7 novembre L8L5. Ebbi egli stesso, oltre a problemi economici, anche
problemi seri di salute. Poi gli morì un figlioletto di 10 mesi, affetto da
pertoss€, € sottoposto a salassi. ll salassare, in quest'epoca, era purtroppo
ritenuto un rimedio utile in tutti i fenomeni flogistici e febbrili, con le
conseguenze negative immaginabili.
La Comunità di Cesena, però, gli diede una piccola pensione. Egli riuscì,
intanto, a condurre alla fine una sua memoria scritta sulle malattie da lui
curate, specialmente numerose quelle da tifo, quando era nella Clinica
Medica di Bologna. Dove introdusse per primo l'uso della cartella clinica
all'ingresso di ogni malato in Clinica, nella quale registrava la sua storia, gli
esami e le cure. Certo, egli sosteneva che la malattia si doveva studiare sul
malato e non ricavarla da principi o teorie. Si dovevano sottoporre ad
attenta analisi isintomi, le cause, il decorso della malattia ed irimedi e si
dovevano confrontare sempre i risultati necroscopici con i sintomi della
malattia precedente, ed i rimedi adoperati. Egli riprese la sua attività
professionale a Cesena nel L817 in concomitanza con lo scoppio di una
grave epidemia di tifo petecchiale. Ed in questo caso era il medico più
preparato ad affrontarla, per averla curata anche a Bologna.
Scrisse nel L819 un'opera poderosa, quei Fondamenti di fisiologio onalitica
stampati a Pavia, che resta il primo testo basilare ad ogni sviluppo della
futura Patologia generale.
Nel 1823 pubblicava in latino un testo di farmacopea De medicamentorum
virtutibus recte dijudicantis. Dissertatio, che evidentemente fu ritenuto
utile, perché il Dott. Francesco Nobili nel 1826 lo ripubblicò tradotto in
I i ngua.
L'incauto Bufalini scrisse nel 7825, in italiano stavolta, lntorno ollo
medicina anolitico. Cicolote di M. B. in opologia dei medici italioni e di se
medesimo e in risposta od olcuni articoli del giornole dello nuova dottrina
medica italiana. L'invito costante all'attento esame dei fatti, di seguire il
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metodo galileiano nella ricerca scientifica, bastò questo per scatenargli le
ire degli ambienti clericali e di accusarlo di materialismo e di ateismo, che
non era un'accusa da poco nello Stato della Chiesa. Tutti coloro che
studiano i fenomeni naturali, che sono alla base della vita non si possono
accusare di materialismo, egli si difese. Costringere gli uomini a scegliere tra
scienza e religione gli parve solo <
>. Lo scienziato
studia nella natura quelle leggi che nella natura sono state poste dal
Creatore. Anche il prof. Tommasini prese la penna per controbattere le
opinioni del Bufalini.
ll Bufalini si difese con un suo libretto polemico dal lungo titolo: Breve
avviso di Maurizio Bufalini intorno alle proprie opere rispetto alle ottuali
mediche controversie d'ltalia, pubblicato a Bologna nel 1827 presso la Tip.
Turchi, Veroli e Comp. Egli concludeva le sue polemiche difese con queste
parole: <>. (pp. 63-64).
Nel 1828 intraprese una lunga battaglia per ridare a Cesena la sua
Università, fornendo il modo di finanziarla, le materie da insegnare, ma
rimase inascoltato. Aveva già ricevuto un invito dalla Università di Urbino a
ricoprire la cattedra di medicina pratica. Ma in questo periodo perse la
moglie e l'unica sua figlia sedicenne e queste tragedie lo lasciarono molto
provato e così depresso, lui che si sentiva debole, malaticcio e senza forze,
tanto che rinunciò a quella proposta. Gli proposero anche di diventare
primario a Cesena, ffia si sa che rinuncio anch,lguest'incarico.
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Rimase vacante la cattedra di Clinica medica a Bologna, perché il
Tommasini si era trasferito a Padova nel L829, ma rinunziò anche a
quest'invito, come sappiamo da una sua lettera cheQli scrisse al Magistrato
di Cesena nel dicembre del 1829 per ottenere il suo pensionamento per la
sua salute cagionevole. La rinuncia di Bologna, però, pare gli fosse stata
provocata dal veto del vescovo di Cesena.
ll moto insurrezionale del 1831 lo vide partecipe alla ribellione al dominio
papalino e fu nominato presidente della commissione della pubblica
istruzione. Ma il fallimento dei moti del '31 creò a Cesena una situazione
pesante per i patrioti, per cui Bufalini accettò di buon grado la nomina a
medico condotto e primario dell'Ospedale della città di Osimo, dove rimase
dal 1832 al 1835. Egli costantemente curò la sua cultura medica attraverso
riviste, trattati di medicina, prevalentemente francesi, ma anche di cultura
generale, che provenivano prevalentemente dalla Tipografia dei Classici
Italiani. Gli era venutq,,intanto, anche da Firenze la chiamata alla cattedra
di Clinica medica della scuola di S. Maria Nuova a sostituire il Prof. Angiolo
Nespoli nominato archiatra della famiglia granducale di Toscana. Volevano
assicurarsi su quella cattedra il maggior teorico italiano della medicina
sperimentale. ll 27 aprile 1835 il Bufalini aprì il suo corso delle lezioni a
Firenze con un'applaudita prolusione su Degli uffici più essenziali del clinico.
Qui spiegava che era solo la costante relazione della causa e dell'effetto,
che svelava una logica dipendenza, e poneva le basi della esperienza. Nel
V..,-ì L$Sscrisse una biografia del suo primo insegnante di medicina, di quet
- ì Michele Rosa, che a Rimini Io aveva fornito di buone basi. (ln <>. A Firenze s'impegnò a creare una
scuola medica fiorentina e non solo una sezione della scuola medica pisana.
Una commissione ad hoc stabilì che la scuola fiorentina erano corsi di
perfezionamento di quelli pisani, corsi specialistici o per coloro che
volevano prepararsi alla professione con un tirocinio pratico di due anni.
Sotto il suo stimolo a S Maria Nuova vennero create altre cliniche:
l'ostetricia, l'oftalmologia, la dermatologia e malattie veneree, e quella
delle malattie mentali. Egli fece subito parte della <<>. Nel 1838 ne era il Presidente, rifondandola in Accademia e
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prese a dirigere la <>, che nel 1852
diventa la <> e ne! 1858 il famoso <>. Firmò con altri nel 1839 la convocazione dei Congressi
degli scienziati italiani, che tanta parte ebbero nella formazione delt'amor
di patria nel nostro Risorgimento. Sarà lui a dirigere la sezione medica net
Congresso fiorentino del 1841 e anche nei successivi congressi di Padova e
Genova. Ebbe occasione di parlare anche all'Accademia dei Georgofili, di cui
era membro, dove parlò lntorno alle cogioni del perfezionomento civile dei
popoli, dove, oltre ai rapporti tra scienza e libertà, sosteneva che la ragione,
base dell'istruzione, non era sufficiente senza la ferm ezza dei propositi e
l'altezza dei sentimenti. Questi ultimi si ricevono nelle consuetudini
quotidiani della vita e dagli esempi che Governo e Stato sono tenuti a dare
ai cittadini. Ora Governo e Stato son esempi che non ho bisogno di
qualificare.
Quanto lo preoccupasse l'educazione lo dimostra che nel 1.840 desse alle
stampe Della benevolenza, dell'emuloziane e della religione considerote
come principii dello morole educazione dei fanciulli. Egli metteva a
confronto i! valore formativo della famiglia e quello dell'imitazione
proveniente da! mondo esterno. Riteneva vitale fornire la virtù
dell'esempio. Egli era profondamente preoccupato di fornire alle nuove
generazioni gli stimoli alla migliore preparazione per affrontare i futuri
impegni.
La sua convinzione, poi, che ci fosse un legame tra il progresso scientifico
ed il progresso sociale, da essere assicurati dalla libertà di stampa,
l'espresse in un opuscoletto nel 1M1.
lntrodusse nel 1840 a Firenze la cattedra di anatomia patologica, la prima
in ltalia, una cattedra di anatomia chirurgica, nel 1848 una di anatomia
descrittiva, che poi divenne di anatomia sublime o topografica, alla quale
Bufalini volle fosse unito l'insegnamento dell'istologia (il primo in ltalia).
Quando nel 1845 l'amico Luigi Carlo Farini si rifugiò in Toscana egli lo aiutò
raccomandandolo e trovandogli lavoro. Poi lo raccomandò per la condotta
di Osimo. L'esperienza romana del governo costituzionale di Pio lX, la sua
infelice conclusione nella guerra tentata contro l'Austria, finita male, ma
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con episodi eroici come l'insurrezione di Milano. Bufalini riteneva che la
soluzione migliore sarebbe stata quella di una confederazione degli stati
italiani.
Egli riprendeva !a sua preoccupazione per le nuove generazioni e nel L850
leggeva all'Accademia dei Georgofili Sullo influenza educotrice dello
popolare istruzione. Stranamente sia Bufalini che Luigi Carlo Farini durante
l'epidemia di colera nel 1-854 e 1855, furon entrambi anticontagionisti.
Filippo Pacini aveva, è vero, visto nelle feci dei colerosi un vibrione, che
considerò il responsabile del contagio, ma la comunità medica rimase
indifferente. Si persuase solo nel 1883, quando KOCH riscoprì il vibrione.
ll Comune di Cervia si rivolse al Bufalini sulla questione delle risaie, ed egli
espresse il suo Parere di Maurizio Bufalini sul quesita a lui fatta dalla
Comunità di Ceruio se cioè nuove risoie nella porte volliva possono riuscire
nocevoli alla publico solute pubblicato a Ravenna nel 1857. Bufalini
sostenne che risaie e palude sono entrambi nocivi, ma metteva anche in
dubbio che la risaia, coi sedimenti delle acque d'irrigazione potesse essere
bonificata per colmata, a differenza di quanto aveva sostenuto il Farini circa
12 anni prima. Sosteneva anche che la coltura del mais aveva portato la
pellagra nelle campagne e qualcosa di somigliante si aspettava dalla coltura
del riso. Sospettava, forse, che una dieta a base solo di riso brillato potesse
creare qualche mancanza vitaminica, che in effetti talvolta si è verificata per
carenza diVit. 81, in certe popolazioni, una polineurite detta <>.
Cesena nel L857 lo aggregò alla nobiltà locale e, lui vivente, si awiò un
progetto per un suo monumento, che poi non andò in porto, forse anche
per una ritrosia del celebrato. Eravamo ormai vicini all'Unità d'ltalia e
Bufalini fu impegnatissimo a riorganizzare gli studi e le Università toscane.
Nel L859 andava in pensione, all'età di 72 anni.
Su <> del 1850, però, espresse tutto il suo parere
Sull'insegnamento pubblico specialmente medico e chirurgico in relazione
colla civile libertù.
Nel 1850 veniva nominato senatore del Regno. Non sempre capì la
rivoluzione voluta da Carlo Matteucci, ministro della publica lstruzione, che
riduceva le cattedre, dov'erano pochi studenti, specialmente nelle sezioni
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storiche, giuridiche, filologiche e filosofiche, ma per mantenerle in quelle
Università che assicuravano il più alto livello d'insegnamento. La Scuola
Normale di Pisa avrebbe raccolto così i migliori allievi ed i migliori docenti.
Matteucci non era antitoscano come supponevano, egli voleva garantire
solo su tutto il territorio nazionale un corso di studi uguale per tutti.
ll Bufalini pubblicava Sul metodo convenevole olla Scienza Medica (lezioni
orali, pubblicate a Firenze da Le Monnier, L8621.
Le lstituzioni di potologia analitico furono pubblicate dal Bufalini a Firenze
dal 1853 al 1868. Dimesso nel 1853, ormai al tramonto, ll Bufalini incontrò
solo polemiche e critiche. Jaob Moleschott, che aveva una cattedra di
Fisiologia a Torino, che rappresentava benissimo il positivismo
meccanicistico ora imperante, riteneva la patologia del Bufalini non avere
regole ed era subordinata alla fisiologia. Aveva avuto contro cosi gli
scienziati vitalisti, quelli cattolici, si sarebbero aggiunti ora anche ipositivisti
e poi anche quelli idealisti .
Siccome ormai non poteva dare consistenti contributi scientifici, egli
ribadiva almeno il processo logico della scienza e si difese come potè su
<> da accuse gratuite e oggettivamente ingiuste.
ll Pacini sosteneva che la medicina di Bufalini era solo empirismo perché
negava qualsiasi principio a priori e accettava solo ciò che deriva
dall'esperienza, a posteriori. ll Bufalini non gli rispose nemmeno.
Nel L87O emise un giudizio, il più cattivo possibile, l'hegeliano Angelo
Camillo De Meis sul Bufalini: <>
Certamente Augusto Murri, che non scordava essere la sua opera <> la parte più originale ed imperitura della sua dottrina, invece lo
stimò molto e lo esaltò come un precursore del suo metodo
d'insegnamento. Dal Bufalini riteneva che gli fosse stata aperta l'era della
medicina che analizzava il paziente con l'osservazione, il microscopio e con
tutte le macchine a sua disposizione.
Bufalini morì a Firenze il 3f marzo 1875. Aveva, però, ancora in vita lasciato
disposizione di essere sepolto a Cesena, la sua città. ll 4 aprile 1875 la sua
salma fu qui trasferita, mentre per una disposizione testamentaria lasciava
la sua intera biblioteca scientifica al Comune di Cesena. La città, gli fu
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riconoscente. Nel settembre 1875 il Consiglio provinciale stanziò dei fondi
per la costruzione di un monumento in sua memoria. Venne realizzato 10
anni dopo, nel 1885, dallo scultore Zolcchi e posizionato di fronte alla
biblioteca Malatestiana e alla sua casa natale. Dal L927 anche l'Ospedale di
Cesena porta il suo nome. Ho omesso tanti particolari e tutti isuoi intensi
rapporti con Luigi Carlo Farini perché, penso di non dover abusare troppo
oltre della loro pazienza.
1"il d-l---
GasDate !ina[ np\la sua DpÈ]a La uÈa pa}lt)aa àai aa»ta»Dàpa»èi r})»rt[,
pubblicata nel 1895 a Torin0da Roux, Frassati e C, editori, parlando di
$,narco Mingheetti oltre ai suoi maestri di classicismo Strocchi,
BARTLOMEO BORGHESI, Paolo Costa, aggiungeva anche queste parole:
<> (pp.37 2- 37 4l,.
Bufalini scrisse nel 1836 lui stesso una biografia di 24 pagine del suo
maestro Michele Rosa pubblicatarirelle biografie degli uomini illustri di tutto .',,i, : ''
.
lo Stato Pontificio pubblicate a Forlì dall'Ercolani, dove tra le altre virtù del
Rosa sosteneva: <>.
Bufalini terminava questa biografia con questa informazione: <> paolo Costa era di
origine ravennate e mi compiaccio, che abbia lodevolmente tessuto le lodi
del maestro del Bufarini e lo cito tanto più volentieri, perché uscirà presto
una mia biografia di lui,
g 6.t,q$fg r- fr o tTG ?,'. "u?- òaaL $
FoCITeTgfrc
R;r- hsc>tu§i> =ù fta-'S^1- o?€ cr
d.yruÈÌ?É L,,l' ftl..-ìÈ -14' )"
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Il prossimo appuntamento del ciclo è previsto
VENERDI’ 14 OTTOBRE – ore 15,30
Sala Eligio Cacciaguerra
BCC di Cesena e Gatteo
Viale Bovio, 80
Relatore:
Dr. Giancarlo Cerasoli
Casa Bufalini, duecento anni fa