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sabato 8 ottobre 2016

Cesena Terza Eta 14 ottobre 2016

Credo di far cosa gradita inviando copia della conferenza del Prof. Romano Pasi tenutasi il 4 ottobre 2016 all’Università della Terza Età di Cesena, sul tema:

Maurizio Bufalini: un grande medico, protagonista del Risorgimento






MAURIZIO BUFALINI

Venire a parlare di Maurizio Bufalini a Cesena mi ha un po' spaventato e intimidito, con la strana sensazione di essere uno che voglia andare a vendere vasi a Samo. Si è vero ne ho scritto tanti anni fa una biografia, quasi 15 anni fa, quando non ero così ancora così vecchio come sono ora, convinto allora di aver visto tutto o quasi su d;lui, ffid & ora ne ho qualche dubbio ,(ffi nonostante ciò continuo a credere di potere lavorare ad altri libri. Ma il giudicare di se stessi è una di quelle ardue imprese che può riservare, lo so, qualche spiacevole sorpresa. Va bene, torniamo al nostro Maurizio, che ebbe la fortuna di nascere in una famiglia di medici, di avere un padre medico condotto di chirurgia a Cesena, Jacopo, che si era laureato a Firenze con il più noto e famoso chirurgo di allora il Prof. Angelo Nannoni e che godeva la stima di un Michele Rosa e di un Antonio Testa. Suo padre Jacopo era nato nel L743 e morì nel 1815. ll figliolo Maurizio scrisse poi le lodi di questo suo padre, valente medico. A sua volta Maurizio era nato a Cesena il 4 giugno 1787 (due anni prima, quindi della rivoluzionefrances€), e morì a Firenze il 31 marzoL875, percui nella sua vita passò dalle ripercussioni napoleoniche, alle varie insurrezioni e guerre risorgimentali, fino a vedere prima di morire l'ltalia unita, con una vita passata tra le polemiche e le sventure familiari. A 16 anni, dopo le scuole secondarie che riteneva che poco gli avessero giovato, scelse di fare il medico e s'inscrisse alle lezioni di Michele Rosa, che si era trasferito a Rimini, dopo la soppressione dell'Università modenese con l'invasione dei francesi, dove aveva la cattedra di Clinica Medica. Michele Rosa era un personaggio notevole, si era formato a Bologna con il Beccari e a Padova con il Morgagni, il grande anatomista, che legava le sue indagini anatomo-patologiche ad una corretta interpretazione dei sintomi. ll Rosa era un sostenitore della Vis medicotrix noturoe percui riteneva insite nell'uomo capacità di autoguarigione. Per due anni seguì le sue lezioni, poi dovendo iscriversi all'università, il Rosa stesso lo raccomandò al prof. Testa, che allora aveva la cattedra di Clinica medica a Bologna e nel novembre 1805 venne qui accolto nel secondo anno di medicina. Si laureò nel 1809. Già stava prevalendo, però, a Bologna ed altrove la medicina sistemica vitalista, una dottrina del tutto diversa da quella insegnatagli da suo padre, dal Rosa e anche dal Testa. lncuriosito volle nello stesso anno della laurea trasferirsi a Pavia e seguire le lezioni dello Scarpa il grande anatomista dell'orecchio e del sistema nervoso fino all'estate del 1810 e poi andò a Milano nel covo del vitalismo, dove allora insegnava il Prof. Giacomo Tommasini, che aveva di poco riformato il pensiero vitalista di Giovanni Rasori, basato, a sua volta sulla dottrina del Brown. Si trattava di un principio unico che spiegava tutta la patologia e trova il favore del nuovo clima napoleonico e ed il Tommasini era acclamato il nuovo capo scuola della medicina italiana. La salute consisteva nell'equilibrio tra lo stimolo e i gradi dell'eccitabilità. La malattia si aveva per eccesso o difetto di stimolazione. ll Bufalini tornò a Cesena sicuro che la dottrina che credeva di aversvelato tutti imisteri delle malattie in base ad un unico cervellotico principio, era sbagliata, ma godendo essa allora il favore dei consensi della medicina ufficiale, sapeva anche che sarebbe, nell'affrontarla, stato solo contro tutti. Tornò a Cesena e nel 1810 cominciò a lavorare nell'Ospedale degli esposti. Nel 18L1 diventa medico coadiutore dell'Ospedale. Tutta la problematica dei cronici, dei turni delle infermiere, dello scarso finanziamento, lo tormentano continuamente. Nel L813 è nominato medico cosiddetto assoluto. Denuncia pure alle autorità inumerosi casi di pellagra nelle campagne cesenati. La pratica ospedaliera lo convince, intanto, che la conoscenza medica si reggeva solo sull'osservazione e sull'esperimento. Scrive così un Soggio sulla dottrina dello vito, é questa sua opinione in via prowisoria la fa leggere al vecchio Rosa. ll Rosa, ormai agli ultimi giorni della sua vita, lo approvò e lo incoraggiò, ma non potè vederlo pubblicato nel 1813 nella forma definitiva e nemmeno le ingiuste polemiche che suscitò. La dottrina vitalista, sosteneva, in base ad un unico astratto aprioristico principio voleva spiegare tutte le malattie, mancava di osservazioni basate sull'anatomia, sulla clinica, sulla microscopia patologica. 2 ll fenomeno vita ha una sua base organica complessa, con fenomeni fisici e chimici, che vanno studiati sperimentalmente nella loro reale concatenazione. La sua concezione, poi, che si rifaceva alta scuota salernitana e allo sperimentalismo galileiano, voleva una base materiale alle patologie- Le sue predilette letture di filosofi erano poi quelle di Locke, Condillac e Stuart Mill, filosofi pragmatici di una reattà immanente da conoscere in via sperimentaBf6 confortavano. Le sue idee gli diedero una fama, ma guai ed opposizioni a non finire, e anche perdere it suo posto nell'Ospedale di Cesena. Egli precedeva di 50 anni il lavoro di Claude Bernard sul metodo sperimentale, ma ci sono conseguenze serie per i precursori, lo sapete bene. Per fortuna il prof. Antonio Testa, ordinario di Clinica Medica, nell'ottobre 1813, ormai in cattive condizioni di salut€, € che aveva apprezzato it suo Saggio sulla dottrino dello vita, che aveva assestato un duro colpo al traballante edificio dei controstimolisti, lo chiamò a Bologna per farsi sostituire da lui nelle lezioni. Eglitrovò il mondo accademico e studenti ostili e schierati compatti con il Vitalisffio, disertare le sue lezioni. Finito il corso il Bufalini tornò a Cesena mortificato e depresso. lntanto, il Testa morì e la cattedra andò a concorso, & fu vinta dal Tommasini, che non ne prese possesso. Dot'era il Tommasini prendeva già mille scudi e a Bologna ne davano solo seicento. All'inizio dell'anno scolastico 1814-L5 richiamarono Bufalini a riprendere il suo posto come assistente, ma questa volta le sue lezioni cominciarono ad affascinare gli studenti. lntanto, net 1815 l'era napoteonica era finita, il Tommasini venne chiamato a ricoprire la sua cattedra, e Bufalini se ne tornò subito a Cesena, per non dover condividere come suo assistente le lezioni sul vitalismo. Poi le cose andarono in realtà cosi: ll papa pio Vll, Chiaramonti cesenate, era tornato a Roma, e mons. Giustiniani venne a reggere l'università a Bologna e licenziò tutti iprof. universitari, perché non voteva rimettere in cattedra chi dispiaceva al governo pontificio, ma fece chiedere al Bufalini, attraverso il fratello del papa, Don Gregorio Chiaramonti, se accettava di ricoprire la cattedra. Bufalini gli disse che avrebbe preferito quella di Patologia generale, ma netla lista mandata a Roma vi figurava per la Clinica Medica. lnformato il Tommasini dal medico personale del papa della cosa, egli supplicò il papa che lo confermasse nella cattedra coll'onorario di mille scudi. ll papa acconsenti e il Bufalini rimase a spasso. Si aprì una parentesi buia nella vita cesenate di Bufalini. Suo padre morì il L7 novembre L8L5. Ebbi egli stesso, oltre a problemi economici, anche problemi seri di salute. Poi gli morì un figlioletto di 10 mesi, affetto da pertoss€, € sottoposto a salassi. ll salassare, in quest'epoca, era purtroppo ritenuto un rimedio utile in tutti i fenomeni flogistici e febbrili, con le conseguenze negative immaginabili. La Comunità di Cesena, però, gli diede una piccola pensione. Egli riuscì, intanto, a condurre alla fine una sua memoria scritta sulle malattie da lui curate, specialmente numerose quelle da tifo, quando era nella Clinica Medica di Bologna. Dove introdusse per primo l'uso della cartella clinica all'ingresso di ogni malato in Clinica, nella quale registrava la sua storia, gli esami e le cure. Certo, egli sosteneva che la malattia si doveva studiare sul malato e non ricavarla da principi o teorie. Si dovevano sottoporre ad attenta analisi isintomi, le cause, il decorso della malattia ed irimedi e si dovevano confrontare sempre i risultati necroscopici con i sintomi della malattia precedente, ed i rimedi adoperati. Egli riprese la sua attività professionale a Cesena nel L817 in concomitanza con lo scoppio di una grave epidemia di tifo petecchiale. Ed in questo caso era il medico più preparato ad affrontarla, per averla curata anche a Bologna. Scrisse nel L819 un'opera poderosa, quei Fondamenti di fisiologio onalitica stampati a Pavia, che resta il primo testo basilare ad ogni sviluppo della futura Patologia generale. Nel 1823 pubblicava in latino un testo di farmacopea De medicamentorum virtutibus recte dijudicantis. Dissertatio, che evidentemente fu ritenuto utile, perché il Dott. Francesco Nobili nel 1826 lo ripubblicò tradotto in I i ngua. L'incauto Bufalini scrisse nel 7825, in italiano stavolta, lntorno ollo medicina anolitico. Cicolote di M. B. in opologia dei medici italioni e di se medesimo e in risposta od olcuni articoli del giornole dello nuova dottrina medica italiana. L'invito costante all'attento esame dei fatti, di seguire il 4 metodo galileiano nella ricerca scientifica, bastò questo per scatenargli le ire degli ambienti clericali e di accusarlo di materialismo e di ateismo, che non era un'accusa da poco nello Stato della Chiesa. Tutti coloro che studiano i fenomeni naturali, che sono alla base della vita non si possono accusare di materialismo, egli si difese. Costringere gli uomini a scegliere tra scienza e religione gli parve solo <>. Lo scienziato studia nella natura quelle leggi che nella natura sono state poste dal Creatore. Anche il prof. Tommasini prese la penna per controbattere le opinioni del Bufalini. ll Bufalini si difese con un suo libretto polemico dal lungo titolo: Breve avviso di Maurizio Bufalini intorno alle proprie opere rispetto alle ottuali mediche controversie d'ltalia, pubblicato a Bologna nel 1827 presso la Tip. Turchi, Veroli e Comp. Egli concludeva le sue polemiche difese con queste parole: <>. (pp. 63-64). Nel 1828 intraprese una lunga battaglia per ridare a Cesena la sua Università, fornendo il modo di finanziarla, le materie da insegnare, ma rimase inascoltato. Aveva già ricevuto un invito dalla Università di Urbino a ricoprire la cattedra di medicina pratica. Ma in questo periodo perse la moglie e l'unica sua figlia sedicenne e queste tragedie lo lasciarono molto provato e così depresso, lui che si sentiva debole, malaticcio e senza forze, tanto che rinunciò a quella proposta. Gli proposero anche di diventare primario a Cesena, ffia si sa che rinuncio anch,lguest'incarico. 5 Rimase vacante la cattedra di Clinica medica a Bologna, perché il Tommasini si era trasferito a Padova nel L829, ma rinunziò anche a quest'invito, come sappiamo da una sua lettera cheQli scrisse al Magistrato di Cesena nel dicembre del 1829 per ottenere il suo pensionamento per la sua salute cagionevole. La rinuncia di Bologna, però, pare gli fosse stata provocata dal veto del vescovo di Cesena. ll moto insurrezionale del 1831 lo vide partecipe alla ribellione al dominio papalino e fu nominato presidente della commissione della pubblica istruzione. Ma il fallimento dei moti del '31 creò a Cesena una situazione pesante per i patrioti, per cui Bufalini accettò di buon grado la nomina a medico condotto e primario dell'Ospedale della città di Osimo, dove rimase dal 1832 al 1835. Egli costantemente curò la sua cultura medica attraverso riviste, trattati di medicina, prevalentemente francesi, ma anche di cultura generale, che provenivano prevalentemente dalla Tipografia dei Classici Italiani. Gli era venutq,,intanto, anche da Firenze la chiamata alla cattedra di Clinica medica della scuola di S. Maria Nuova a sostituire il Prof. Angiolo Nespoli nominato archiatra della famiglia granducale di Toscana. Volevano assicurarsi su quella cattedra il maggior teorico italiano della medicina sperimentale. ll 27 aprile 1835 il Bufalini aprì il suo corso delle lezioni a Firenze con un'applaudita prolusione su Degli uffici più essenziali del clinico. Qui spiegava che era solo la costante relazione della causa e dell'effetto, che svelava una logica dipendenza, e poneva le basi della esperienza. Nel V..,-ì L$Sscrisse una biografia del suo primo insegnante di medicina, di quet - ì Michele Rosa, che a Rimini Io aveva fornito di buone basi. (ln <>. A Firenze s'impegnò a creare una scuola medica fiorentina e non solo una sezione della scuola medica pisana. Una commissione ad hoc stabilì che la scuola fiorentina erano corsi di perfezionamento di quelli pisani, corsi specialistici o per coloro che volevano prepararsi alla professione con un tirocinio pratico di due anni. Sotto il suo stimolo a S Maria Nuova vennero create altre cliniche: l'ostetricia, l'oftalmologia, la dermatologia e malattie veneree, e quella delle malattie mentali. Egli fece subito parte della <<>. Nel 1838 ne era il Presidente, rifondandola in Accademia e 6 prese a dirigere la <>, che nel 1852 diventa la <> e ne! 1858 il famoso <>. Firmò con altri nel 1839 la convocazione dei Congressi degli scienziati italiani, che tanta parte ebbero nella formazione delt'amor di patria nel nostro Risorgimento. Sarà lui a dirigere la sezione medica net Congresso fiorentino del 1841 e anche nei successivi congressi di Padova e Genova. Ebbe occasione di parlare anche all'Accademia dei Georgofili, di cui era membro, dove parlò lntorno alle cogioni del perfezionomento civile dei popoli, dove, oltre ai rapporti tra scienza e libertà, sosteneva che la ragione, base dell'istruzione, non era sufficiente senza la ferm ezza dei propositi e l'altezza dei sentimenti. Questi ultimi si ricevono nelle consuetudini quotidiani della vita e dagli esempi che Governo e Stato sono tenuti a dare ai cittadini. Ora Governo e Stato son esempi che non ho bisogno di qualificare. Quanto lo preoccupasse l'educazione lo dimostra che nel 1.840 desse alle stampe Della benevolenza, dell'emuloziane e della religione considerote come principii dello morole educazione dei fanciulli. Egli metteva a confronto i! valore formativo della famiglia e quello dell'imitazione proveniente da! mondo esterno. Riteneva vitale fornire la virtù dell'esempio. Egli era profondamente preoccupato di fornire alle nuove generazioni gli stimoli alla migliore preparazione per affrontare i futuri impegni. La sua convinzione, poi, che ci fosse un legame tra il progresso scientifico ed il progresso sociale, da essere assicurati dalla libertà di stampa, l'espresse in un opuscoletto nel 1M1. lntrodusse nel 1840 a Firenze la cattedra di anatomia patologica, la prima in ltalia, una cattedra di anatomia chirurgica, nel 1848 una di anatomia descrittiva, che poi divenne di anatomia sublime o topografica, alla quale Bufalini volle fosse unito l'insegnamento dell'istologia (il primo in ltalia). Quando nel 1845 l'amico Luigi Carlo Farini si rifugiò in Toscana egli lo aiutò raccomandandolo e trovandogli lavoro. Poi lo raccomandò per la condotta di Osimo. L'esperienza romana del governo costituzionale di Pio lX, la sua infelice conclusione nella guerra tentata contro l'Austria, finita male, ma 7 con episodi eroici come l'insurrezione di Milano. Bufalini riteneva che la soluzione migliore sarebbe stata quella di una confederazione degli stati italiani. Egli riprendeva !a sua preoccupazione per le nuove generazioni e nel L850 leggeva all'Accademia dei Georgofili Sullo influenza educotrice dello popolare istruzione. Stranamente sia Bufalini che Luigi Carlo Farini durante l'epidemia di colera nel 1-854 e 1855, furon entrambi anticontagionisti. Filippo Pacini aveva, è vero, visto nelle feci dei colerosi un vibrione, che considerò il responsabile del contagio, ma la comunità medica rimase indifferente. Si persuase solo nel 1883, quando KOCH riscoprì il vibrione. ll Comune di Cervia si rivolse al Bufalini sulla questione delle risaie, ed egli espresse il suo Parere di Maurizio Bufalini sul quesita a lui fatta dalla Comunità di Ceruio se cioè nuove risoie nella porte volliva possono riuscire nocevoli alla publico solute pubblicato a Ravenna nel 1857. Bufalini sostenne che risaie e palude sono entrambi nocivi, ma metteva anche in dubbio che la risaia, coi sedimenti delle acque d'irrigazione potesse essere bonificata per colmata, a differenza di quanto aveva sostenuto il Farini circa 12 anni prima. Sosteneva anche che la coltura del mais aveva portato la pellagra nelle campagne e qualcosa di somigliante si aspettava dalla coltura del riso. Sospettava, forse, che una dieta a base solo di riso brillato potesse creare qualche mancanza vitaminica, che in effetti talvolta si è verificata per carenza diVit. 81, in certe popolazioni, una polineurite detta <>. Cesena nel L857 lo aggregò alla nobiltà locale e, lui vivente, si awiò un progetto per un suo monumento, che poi non andò in porto, forse anche per una ritrosia del celebrato. Eravamo ormai vicini all'Unità d'ltalia e Bufalini fu impegnatissimo a riorganizzare gli studi e le Università toscane. Nel L859 andava in pensione, all'età di 72 anni. Su <> del 1850, però, espresse tutto il suo parere Sull'insegnamento pubblico specialmente medico e chirurgico in relazione colla civile libertù. Nel 1850 veniva nominato senatore del Regno. Non sempre capì la rivoluzione voluta da Carlo Matteucci, ministro della publica lstruzione, che riduceva le cattedre, dov'erano pochi studenti, specialmente nelle sezioni 8 storiche, giuridiche, filologiche e filosofiche, ma per mantenerle in quelle Università che assicuravano il più alto livello d'insegnamento. La Scuola Normale di Pisa avrebbe raccolto così i migliori allievi ed i migliori docenti. Matteucci non era antitoscano come supponevano, egli voleva garantire solo su tutto il territorio nazionale un corso di studi uguale per tutti. ll Bufalini pubblicava Sul metodo convenevole olla Scienza Medica (lezioni orali, pubblicate a Firenze da Le Monnier, L8621. Le lstituzioni di potologia analitico furono pubblicate dal Bufalini a Firenze dal 1853 al 1868. Dimesso nel 1853, ormai al tramonto, ll Bufalini incontrò solo polemiche e critiche. Jaob Moleschott, che aveva una cattedra di Fisiologia a Torino, che rappresentava benissimo il positivismo meccanicistico ora imperante, riteneva la patologia del Bufalini non avere regole ed era subordinata alla fisiologia. Aveva avuto contro cosi gli scienziati vitalisti, quelli cattolici, si sarebbero aggiunti ora anche ipositivisti e poi anche quelli idealisti . Siccome ormai non poteva dare consistenti contributi scientifici, egli ribadiva almeno il processo logico della scienza e si difese come potè su <> da accuse gratuite e oggettivamente ingiuste. ll Pacini sosteneva che la medicina di Bufalini era solo empirismo perché negava qualsiasi principio a priori e accettava solo ciò che deriva dall'esperienza, a posteriori. ll Bufalini non gli rispose nemmeno. Nel L87O emise un giudizio, il più cattivo possibile, l'hegeliano Angelo Camillo De Meis sul Bufalini: <> Certamente Augusto Murri, che non scordava essere la sua opera <> la parte più originale ed imperitura della sua dottrina, invece lo stimò molto e lo esaltò come un precursore del suo metodo d'insegnamento. Dal Bufalini riteneva che gli fosse stata aperta l'era della medicina che analizzava il paziente con l'osservazione, il microscopio e con tutte le macchine a sua disposizione. Bufalini morì a Firenze il 3f marzo 1875. Aveva, però, ancora in vita lasciato disposizione di essere sepolto a Cesena, la sua città. ll 4 aprile 1875 la sua salma fu qui trasferita, mentre per una disposizione testamentaria lasciava la sua intera biblioteca scientifica al Comune di Cesena. La città, gli fu 9 10 riconoscente. Nel settembre 1875 il Consiglio provinciale stanziò dei fondi per la costruzione di un monumento in sua memoria. Venne realizzato 10 anni dopo, nel 1885, dallo scultore Zolcchi e posizionato di fronte alla biblioteca Malatestiana e alla sua casa natale. Dal L927 anche l'Ospedale di Cesena porta il suo nome. Ho omesso tanti particolari e tutti isuoi intensi rapporti con Luigi Carlo Farini perché, penso di non dover abusare troppo oltre della loro pazienza. 1"il d-l--- GasDate !ina[ np\la sua DpÈ]a La uÈa pa}lt)aa àai aa»ta»Dàpa»èi r})»rt[, pubblicata nel 1895 a Torin0da Roux, Frassati e C, editori, parlando di $,narco Mingheetti oltre ai suoi maestri di classicismo Strocchi, BARTLOMEO BORGHESI, Paolo Costa, aggiungeva anche queste parole: <> (pp.37 2- 37 4l,. Bufalini scrisse nel 1836 lui stesso una biografia di 24 pagine del suo maestro Michele Rosa pubblicatarirelle biografie degli uomini illustri di tutto .',,i, : '' . lo Stato Pontificio pubblicate a Forlì dall'Ercolani, dove tra le altre virtù del Rosa sosteneva: <>. Bufalini terminava questa biografia con questa informazione: <> paolo Costa era di origine ravennate e mi compiaccio, che abbia lodevolmente tessuto le lodi del maestro del Bufarini e lo cito tanto più volentieri, perché uscirà presto una mia biografia di lui, g 6.t,q$fg r- fr o tTG ?,'. "u?- òaaL $ FoCITeTgfrc R;r- hsc>tu§i> =ù fta-'S^1- o?€ cr d.yruÈÌ?É L,,l' ftl..-ìÈ -14' )" » CES

Il prossimo appuntamento del ciclo è previsto
VENERDI’ 14 OTTOBRE – ore 15,30
Sala Eligio Cacciaguerra 
BCC di Cesena e Gatteo
Viale Bovio, 80
Relatore:
Dr. Giancarlo Cerasoli
Casa Bufalini, duecento anni fa


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