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domenica 30 gennaio 2022

Russia. Volume I "Un avventura non necessaria". Documetazione

Progetto "Russia" . Materiali per tesi.



In questo volume la documentazione proposta si apre con due documenti di carattere cronologico: uno che riporta le tappe essenziali della avanzata

tedesca in Russia, l’altro le tappe significative indicate da Hitler nel suo discorso dell’11 novembre 1941. Il 1 ottobre 1941 il comunicato tedesco ripreso da tutta la stampa sia tedesca che internazionale dava ormai per sconfitta la URSS: le perdite inflitte nei tre mesi di guerra erano tali che difficilmente uno Stato che avesse subito tali perdite sarebbe stato in grado di sopravvivere. E’ non erano esagerazioni; la parata per l’anniversario della Rivoluzione d’ottobre che si tenne sulla piazza Rossa a Mosca nel 1941 ebbe una caratteristica significativa e unica: le truppe che sfilavano non sarebbero ritornate alle proprie caserme, come normale, ma avrebbero proseguito direttamente per il fronte, I comunicati tedeschi avevano ragione così come Hitler e si attendeva solo la richiesta del Governo sovietico di trattative di resa. Peraltro nel novembre 1941 gli ordini di sgombrare Mosca erano in esecuzione. Lo stesso Governo e lo Stato Maggiore Generale erano in procinto di trasferirsi a ridosso degli Urali, con speranze di continuare la guerra con certo molto alte.

I successivi due documenti riguardano la preparazione italiana. Il primo, l’approntamento del Battaglione “Cervino” per il C.I.S.R. in cui si evince che in Russia si mandavano truppe scelte, ben equipaggiate ed addestrate. La lettera è significativa in quanto la preparazione logistica (equipaggiamenti ed altro) è ben curata e ben ponderata. Il dato corrente della scarsezza di equipaggiamento come causa della disfatta e della tragedia della ritirata permette di dire, leggendo questo documento, che le cause di detta disfatta e di detta tragedia devono essere cercate altrove. Il secondo documento è della Direzione di Sanità Militare che formula raccomandazioni al soldato italiano sul suo comportamento, soprattutto per la sua integrità fisica e sicurezza personale.

Il quinto documento è la cosiddetta “Relazione Messe”. Il 1 novembre 1942 il comandante del C.S.I.R., che aveva condotto le truppe italiane in Russia per oltre un anno raccogliendo lusinghieri risultati, superando anche un inverno in Russia con successo, rientrò a Roma per ordine di Mussolini. Fu sostituito da un generale, più anziano di lui nell’Annuario, ma opaco, di scarsa considerazione, privo di ogni esperienza di guerra sul fronte orientale. In molti rimasero sorpresi, tedeschi per primi, di questa soluzione. Messe, oltre al suo passato, aveva conquistato il cuore e le menti dei suoi soldati, e la stima ed anche l’ammirazione degli alleati, tedeschi per primi, risolvendo molti aspetti sensibili e difficili e conseguendo sul campo successi anche significativi. Aveva raggiunto una certa fama e considerazione. Questa corda era una delle più sensibili agli occhi di Mussolini (in merito la vicenda Balbo e le sue transvolate fa scuola): nessuno doveva in fama e considerare dare la purchè minima ombra a lui, Duce del fascismo. In vritù di questo assioma, che rientra in gran parte nella megalomania del personaggio, Messe fu sostituito con un generale mediocre. Tutta la sua esperienza di un anno di guerra, tutti i rapporti intessuti con gli alleati che stavano dando buoni frutti, furono gettati via in nome di una vanagloria che va anche inserita in una delle cause della disfatta e della tragedia della ritirata di Russia. Messe non esitò a scrivere e dire che l’ARMIR, se fosse stato al suo comando, non avrebbe fatto la fine che fece.

La Relazione qui riprodotta servirà, poi, di base alla pubblicazione che Giobanni Messe dedicherà alla campagna di Russia che è stata di nuovo edita nel 2005.

 

Seguono due documenti, preceduti da una nota di compiacimento per il comportamento delle truppe italiane e la relazione di un combattimento del battaglione Monte Cervino, che sono ordini operativi relativi alle operazioni del luglio 1942. Tre documenti, poi, sono dedicati alle gesta del “Savoia” Cavalleria e alla nota carica del 24 agosto 1942. I rapporti tra alleati, tra Italiani e tedeschi sono sintetizzati dal documento in cui vi sono scritte note di compiacomento da parte dell’alleato tedesco sul comportamento dell’alleato italiano. Quattro documenti di relazioni del nostro S.I.M., Servizio Informazioni Militare, sulla situazione del nemico e delle sue riserve, attestano come nel 1942 la URSS ormai aveva superato la crisi del 1941, che l’aveva portata sull’orlo del disastro e della resa. Una relazione del generale Comandante la divisione “Torino”, datata 1945, ma riferentesi al 1941 sui rapporti con la popolazione russa nella fase di avanzata precede cinque articoli di Luigi Barzini per il Corriere della Sera sull’andamento e sulle vicende del soldato italiano sul fronte orientale, una testimonianza di prima mano delle operazioni e dei combattimenti alla vigilia dell’inverno.

Sono 23 documenti, in questo volume, a cui si affiancano delle fotografie che sono state scattate da un reduce di Russia e che testimoniano in modo visivo la realtà di quel primo anno di guerra su fronte russo.

 

mercoledì 19 gennaio 2022

Traccia di Tesi. L'opposizione di Ettore Viola al Fascismo ea Mussolini

 

COMBATTENTI E MUSSOLINI DOPO IL CONGRESSO DI ASSISI

 

 Chiarimento necessario

 

L'autore di questo scritto, già presidente della Associazione Nazionale Combattenti dal Congresso di Assisi del luglio 1924 al marzo del 1925, e dal 1944 al 1958; Deputato al Parlamento nella 27^ Legislatura fascista  dal 6 aprile 1924 alla primavera del 1929; Consultore Nazionale, poi, nel 1945-1946 e ancora Deputato al Parlamento dal 18 aprile 1948 al 25 maggio 1958; l'autore di questo scritto, si diceva, essendo stato riconosciuto, dagli attuali dirigenti, il più indicato per celebrare il 50° anniversario del Congresso di Assisi (che all'Associazione Nazionale Combattenti diede lustro in un momento difficile, e al Paese una speranza che fu delusa per l'incomprensione di uomini che non meritavano di occupare posti di responsabilità al vertice dello Stato) al recente Congresso di Taranto dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci prese la parola; se non che, avendo avuto a disposizione soltanto mezz'ora di tempo, l'oratore fu costretto a concludere così: “Interrompo la celebrazione del Congresso di Assisi perché è scaduto il tempo che mi era stato assegnato per parlare in questa sede”

Ciononostante fu molto applaudito e anche onorato con una pergamena e una medaglia d'oro.

I congressisti apprezzarono particolarmente la sua obiettività e non furono pochi coloro che gli chiesero di pubblicare quanto aveva detto e avrebbe dovuto ancora dire.

Tuttavia il desiderio dei suoi amici non sarebbe stato forse appagato se alcune settimane dopo non gli fosse stato segnalato un recentissimo libro intitolato La Ventesima Legislatura -L'opposizione in Aula, firmato da un collega, Deputato come lui, nell'epoca caratterizzata dall'assassinio del Deputato Matteotti, dalla presa di posizione dell'Associazione Nazionale Combattenti al Congresso di Assisi e dalla condotta degli oppositori di Mussolini in Aula, libro tutt'altro che obiettivo e rispettoso della verità storica.

Ha perciò sentito il dovere di confutare e deplorare sia gli errori sia le calcolate omissioni dello scrittore in questione.

Quanto all'ultima parte di questo scritto l'autore ha creduto di dover riassumere le responsabilità assunte da Mussolini nell'ultimo periodo della sua vita, dalla conquista fittizia dell'Impero alla rovina irreparabile dell'Italia.

 

                                                                                                                                                       L'AUTORE

 

 

Mussolini accusò ricevuta della mia lunga lettera il 28 marzo 1936, ma solo indirettamente e per  e per mezzo di un telegramma all'Ambasciatore d'Italia a Santiago del Cile firmato Suvich. Segretario di Stato agli Esteri.

Diceva il telegramma: “Pregasi far conoscere atteggiamento attuale dell'ex deputato Viola e se egli                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                pensa di rientrare in Italia. Suvich”

Non conobbi mai la vera risposta dell'ambasciatore, ma seppi successivamente, rientrando in Patria            che nell'aprile del 1944 a guerra finita, quel che si proponeva di fare a mio danno  il dittatore.

Infatti da una “Rubrica segreta delle persone ricercate e sospette” edita a cura della P.S.  (Polizia Frontiera e Trasporti)  1° luglio 1943, pag. 838 si poteva leggere quanto segue:

“Ettore Viola di Pietro, nato a Villafranca in Lunigiana – Min Int. Cas. - ARRESTARLO”.

Detta rubrica segreta me la mostrò un funzionario della Questura di Napoli nella stessa primavera del 1944 allorché gli Alleati, d'accordo col nostro Governo, mi reintegrarono nell'ufficio di dirigente dell'Associazione Nazionale Combattenti.

Per un vero gioco della sorte Mussolini poté fare la sua guerra.

Ho accennato a un gioco della sorte perché sarebbe bastato che l'Inghilterra bloccasse il Canale di Suez con l'affondamento di una nave, per mettere in ginocchio il dittatore.

Invece, ritenendo forse di potersi intendere con un Mussolini contento e soddisfatto per la facile conquista dell'impero del Negus, fu  di altro avviso. Infatti qualche tempo dopo la celebrazione della vittoria fascista, gli inglesi presero l'iniziativa di promuovere con il Duce un incontro chiamato, se non erro, “Convegno di gentiluomini”.

Mussolini vi aderì, ma di malavoglia, convinto, com'era che l'Inghilterra gli avesse lasciato conquistare l'Etiopia perché non aveva i mezzi né forza per impedirglielo; e ora era sicuro che la stessa Inghilterra volesse allearsi con lui per difendersi dall'inquieto e già pericoloso dittatore tedesco.

Gli anni successivi registrarono il grave errore del Duce, ma intanto egli aveva potuto pavoneggiarsi dei risultati ottenuti e veder tanti italiani riconciliarsi con lui per i successi conseguiti.

 

La mia opera intesa ad amalgamare nell'Associazione gli ex combattenti della prima guerra mondiale con quelli della seconda, e a non umiliare i “forzati” volontari della  guerra di Spagna, durò lunghi anni, ma alla fine fu coronata dal successo.

Non è il caso di elencare il successivo immane lavoro svolto da me e dai miei collaboratori. Dirò soltanto che per quattordici anni rimasi inchiodato alla mia poltrona di Piazza Grazioli, come un impiegato qualsiasi e che i miei viaggi per l'Italia avevano come scopo lo sviluppo dell'Associazione degli ex combattenti e non la propaganda per essere riconfermato Deputato.

Infine, non per vantarmene, ma per la verità obiettiva, non sempre gradita ai mie detrattori, dirò che all'Associazione non feci mai spendere per me, neppure una lira perché rinunciai sempre ad ogni indennità nonché al rimborso delle spese vive; e ricorderò agli immemori che durante la mia Presidenza dell'Associazione non fu mai asservita né ai democristiani né ai comunisti, e tanto meno a un condominio tra questi due grandi partiti. Ciononostante i comunisti furono nell'Associazione sempre disciplinati, corretti e amici dello scrivente.

Anche ancorché mi dimisi volontariamente dalla Presidenza dell'Associazione nel 1958, per aver ricevuto dall'armatore Achille Lauro, allora capo di un partito monarchico, un'azione disonesta che mi impedì di essere confermato deputato, i comunisti furono ancora una volta, con me, tra i più corretti e comprensivi.

Infatti in quell'occasione, dissociandosi da coloro che vollero ad ogni costo accettare le mie dimissioni – che peraltro avevo dichiarato irrevocabili – senza seguire la prassi secondo cui, tra le persone educate e civili si usa respingerle “in prima istanza”, i comunisti dimostrarono di essere i “più umani” di tanti altri presenti in Assemblea.

 

A questo punto, per far conoscere meglio i mi miei denigratori presenterò altre prove, forse più convincenti, per dimostrare che il 18 dicembre 1926 non pronunciai alla Camera il discorso che mi si rimprovera per rientrare nelle grazie di Mussolini.

Trascriverò, all'uopo, alcuni documenti del RR.CC. Di quell'epoca:

 

 

1)

“Dalla Tenenza di Fivizzano al Comando dei CC.RR. Di Terrarossa e per conoscenza alla Tenenza di Pontremoli N. 339/10 il 4.1.1938 – IX:

“On.le Ettore Viola

“Si trascrive per opportuna  vigilanza il seguente telegramma:

“R. Questura Massa del 4 andante:

“Ex deputato medaglia d'oro Ettore Viola est rientrato stamane Regno proveniente Nizza proseguendo subito per Villafranca Lunigiana.

                                                                    

                                                                    “Il Maresciallo Maggiore a piedi

                                                                        Comandante Int. La Tenenza

                                                                        Firmato: Nardi Giulio

                                                                 (Timbro della Tenenza di Fivizzano)”.

 

2)

“R. Questura di Massa Carra N. 0209 Gab.

“Massa 19 maggio 1931 – Anno VIII

“Al Comando Stazione CC.RR. - Terrarossa

“Oggetto: Medaglia d'Oro Ettore Viola

“Noto ex deputato Medaglia d'Oro Ettore Viola è stato rintracciato a Roma.

 

                                                                    Il Reggente di Questura

                                                                         (Firma illeggibile)

 

3)

“Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Livorno

“Tenenza di Fivizzano

“N. 339/13 di prot. div. 3^

                                                                      Fivizzano lì 9.1.1931 – IX

 

“Oggetto: Medaglia d'Oro Ettore Viola

“Al Comando della Stazione dei CC.RR. di Terrarossa

“Per disposizioni di vigilanza comunicasi che medaglia d'oro Ettore Viola ha telegrafato da Milano al fratello    Pietro (era invece mio padre) a Terrarossa Scalo che giungerà colà domani sera medesimo treno.

“Pregasi segnalare arrivo.

“Si dispone che le segnalazioni di arrivo e partenza del suddetto siano fatte, d'ora in poi, direttamente da codesto Comando alla R. Questura di Massa a mezzo telegramma cifrato, dandone comunicazione a questa Tenenza con lettera.

 

                                                                   “Il Maresciallo Maggiore

                                                                 Comandante Int. La Tenenza

                                                                        Firmato: Nardi Giulio

                                                           (Timbro della Tenenza di Fivizzano)”

 

 

4)

“Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Livorno

“Tenenza di Fivizzano

“N. 339/7 di prot. div. III -

                                                                     Fivizzano lì, 1.1.1931 - IX

“Oggetto: Medaglia d'Oro Ettore Viola

“Al Comando della Stazione dei CC.RR. Di Terrarossa

“A seguito del foglio N. 339/2 del 28.12.30 si comunica per notizia seguente dispaccio Questore Napoli:

“n. 53090 at 02066 stop noto telegramma diretto On.le Viola fu spedito ieri dal Sacerdote Cileno Lanan Manuel Francesco anni 48 residente Roma che   trovasi Capri Hotel Quisisana dal 25 volgente stop.

“Costui est cugino moglie Viola et favorevolmente conosciuto Capri donde doveva partire oggi ma partenza est stata rimandata.

 

 

                                                                   “Il Maresciallo Maggiore,

                                                                Comandante Int. La Tenenza

                                                                        Firmato: Nardi Giulio

                                                           (Timbro della Tenenza di Fivizzano)”

 

5)

“Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Livorno

“Tenenza di Fivizzano

“N. 339/9/930 di prot. div. III -

                                                                   Fivizzano lì. 3.1.1931 – IX

“Oggetto: Sacerdote Cileno Lanai Manuel.

“Al Comando della Stazione  dei CC.RR. di  Terrarossa

“Si trascrive il seguente telegramma della R. Questura di Massa e si prega disporre di conseguenza riferendo:

“Questore Napoli mi telegrafa ieri sera è partito diretto codesta volta sacerdote cileno Lanai Manuel fu Francesco anni 48 da Capri ove giunse 25 dicembre spedì telegramma On. Viola dandogli appuntamento Spezia Stop Lanai è cugino della moglie dell'On. Viola e favorevolmente conosciuto a Capri.

“Informo per vigilanza e accertamenti riferendo. Analoga comunicazione telegrafica ha fatto il Questore di Spezia

 

                                                                   “Il Maresciallo Maggiore

                                                                Comandante Int. La Tenenza

                                                                        Firmato: Nardi Giulio

                                                            (Timbro della Tenenza di Fivizzano)”

 

Se non dovessero bastare le prove da me offerte per sbugiardare gli uomini in malafede, potrei riferirmi ai documenti ufficiali del primo Governo democratico residente a Salerno nel 1944.

Il filosofo Benedetto Croce, per esempio, Ministro in quel governo, mi scrisse questa lettera:

 

“Carissimo Signor Viola,

la sua posizione politica fu discussa ed esaminata a Salerno nel primo Ministero democratico e concordemente (cioè con il voto dei comunisti, dei socialisti e dei rappresentanti del Partito d'Azione) fu riconosciuto esente da biasimo e come tale confermato quale capo dell'Associazione Nazionale dei Combattenti.

“Con cordiali saluti

                                                                                                 Benedetto Croce”

 

E qualche tempo dopo il Presidente del consiglio dei Ministeri, On.le Ferruccio Parri, mi faceva pervenire quest'altra lettera:

 

“Roma, 31 agosto 1945

“All'On.le Ettore Viola

Commissario per l'associazione Nazionale Combattenti

Roma

“Le comunico che il consiglio dei Ministri, nell'ultima tornata, ha esaminato la di Lei posizione nei riguardi della Consulta Nazionale ed ha considerato come Ella non possa farne parte, quale ex parlamentare, per mancanza dei requisiti di cui all'art. 7 del Decreto Legislativo luogotenenziale 30 aprile 1945, n. 168, in quanto la dichiarazione da Lei fatta alla Camera dei Deputati nella seduta del 18 dicembre 1926, pur avendo l'unico scopo di renderLe possibile l'allontamento dall'Italia, formalmente rompeva la continuità dell'atteggiamento antifascista di fronte al pubblico.

“Debbo tuttavia darLe atto, anche a nome del Consiglio, che ciò non vale disconoscimento di tale atteggiamento, che fu da Lei ripreso all'Estero, e dei suoi meriti di patriota, che furono già oggetto di considerazione da parte del Consiglio dei Ministri quando fu deciso, nello scorso anno, di affidarle la carica di Commissario dell'Associazione Combattenti.

“Tengo in proposito a confermarLe la mia piena fiducia e stima augurandoLe, anche a nome del Governo, che Ella possa continuare a svolgere l'opera iniziata con grande passione e con assoluto disinteresse.

“Cordialmente

                                                                                         Ferruccio Parri”

 

A prescindere dal fatto che in virtù di una seconda “formalità” mi fu ugualmente riconosciuto senza difficoltà il diritto di far parte della Consulta Nazionale, sento di dover esprimere un vivo sentimento di compassione, più che di disprezzo, per chi, dopo aver combattuto nella stessa guerra del 1915-18 e nello stesso settore politico alla Camera dei Deputati in rappresentanza dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, si comporta poi come un irresponsabile qualsiasi nel contesto dei rapporti umani.

 

Ritengo di aver fatto chiaramente intendere che se, invece della via tedesca, Mussolini ne avesse percorsa altra meno satura di ricordi paurosi, tutt'ora vivi nella mente dei combattenti della prima guerra  mondiale, anche lo scrivente avrebbe forse attenuato la propria reazione perché non avrebbe avuto alcun motivo per riscartabbellare i codici delle”inumane teorie teutoniche” destinate a vincere in qualsiasi modo la guerra.

Il Führer ha perduto la guerra, ma ha facilitato ai tedeschi di oggi il compito di ripulire il loro ambiente politico inquinato nei secoli.

Il Duce non ha vinto né perduto la guerra perché era al rimorchio del confratello tedesco, ma ha rovinato l'Italia.

Quanto all'autore delle presenti pagine egli non ha ragione di dolersi per averle scritte. Tutt'altro!

 

domenica 9 gennaio 2022

Traccia di Tesi. La guerra preventiva ipotizzata dall'Austria contro l'Italia 1907- 1913

 

Riflessioni sulla Grande Guerra

Conrad, capo di Stato Maggiore dell’Esercito A.V., nel 1907 sosteneva che, data la debolezza dell’Esercito e della Marina italiana, era necessario muovere una guerra preventiva all’Italia.

Pag. 31 - 37

In un promemoria del 6 aprile 1907 si legge: «Tanto la monarchia quanto l’Italia sono molto in arretrato in fatto di preparazione alla guerra. L'Italia lavora però con ogni mezzo a rimettere il perduto: costruzioni ferroviarie, fortificazioni, armamento d’artiglieria, trasformazione della flotta e indizi molteplici indicano che essa si prepara a questa guerra».

Ed a proposito di una intervista col ministro degli esteri Aehrenthal del dicembre stesso anno, dice: «a riguardo dell’Italia, il ministro sembra in errore perché fa troppo scarso conto delle forze armate dell’Italia, . . . . gli accennai che gli italiani fanno notevoli sforzi in terra e sul mare e ci sorpasseranno presto in fatto di artiglieria e di fortificazioni».

In una lettera del febbraio 1908 al ministro della guerra, ritornando alla sua idea, che sarebbe convenuto all’Austria-Ungheria di muovere guerra all’Italia nel 1907, dice:

«E neppure posso modificare la mia convinzione d’allora, che cioè sarebbe stato opportuno il farlo nello scorso anno, giacchè le probabilità favorevoli diminuiscono d’anno in anno, anzitutto per la crescente preparazione dell’Italia (specie per fortificazioni e flotta) e poi per il rafforzarsi della Russia».

Il 4 giugno 1908 Conrad chiede l’intervento di Sua Maestà per ottenere il raddoppio di binario sui tratti Salzburg-Worgl e Bud-weis-Linz, accennando che «l’Italia costruiva le sue ferrovie di radunata nel Veneto ed era già ora in grado di concentrare, entro il 10° giorno di mobilitazione, 9 divisioni contro il Tirolo e, il 15° giorno, 23 divisioni sulla Livenza; oppure, verso il 10° giorno, 6 divisioni contro il Tirolo e 26 divisioni, il 14° giorno, sull’Adige, oppure, il 19°, sul Tagliamento. . . . 

. . . . Insistetti sul fatto che essa prende visibilmente tutti i provvedimenti per una guerra, e guerra offensiva contro la monarchia: costruzione di navi da guerra, di fortificazioni, di ferrovie, di mezzi di attacco, trasformazione dell’esercito, tutto accenna a ciò; e l’approvazione unanime del grande credito per le spese militari di circa 300 milioni ha dato la prova palpabile che l'Italia lavora per un grande scopo, diretto contro la monarchia. L'attività attuale nel Veneto, trascurando la frontiera francese, ne è chiaro indizio. Ho nuovamente rimpianto che non si sia dato seguito al mio concetto di un anno fa di far guerra all'Italia finché essa non era pronta. Mentre Allora ci saremmo trovati di fronte ad un’Italia non agguerrita, e, per la debolezza della Russia e per l’incompletezza degli accordi anglo-franco-russi, avremmo avuto mano libera verso di essa, in avvenire avremo prevedibilmente situazioni politiche meno favorevoli di fronte ad una Italia cosciente dello scopo e preparata».

Nel 1909 scrive: «La tendenza dei provvedimenti militari dell’Italia contro l’Austria-Ungheria si rileva dagli straordinari crediti militari, nonché dai Mutamenti progettati nell’ordinamento e nella dislocazione dell’esercito, dai progetti di fortificazioni, costruzioni ferroviarie e progetti per la marina da guerra.

«Bilancio militare: l’ordinario dal 1905 al 1908 si mantenne di 270 milioni; pel 1909 fu portato a 275; ed il ministero della guerra chiede ora un credito supplementare di ro milioni. Il resto dei crediti straordinari concessi nel 1907 c 1908, in 28 milioni, ammonta ora a 227; il ministero della guerra ne chiede ora altri 125; talchè avrà a disposizione 352 milioni straordinari, sufficienti fino al 1913, anno di scadenza della Triplice. Scopo di tale aumento delle spese, il compensare lo stato arretrato dell’esercito».

Nel promemoria annuale per il 1909 lancia un grido di allarme: «L'Italia lavora, cosciente dello scopo, ad una guerra contro di noi, per potere — prevedibilmente allo scadere della triplice — minacciare tale guerra e procurarsi con ciò vantaggi essenziali a noi dannosi, oppure per fare guerra nel caso che la monarchia non consentisse tale proprio danneggiamento.

«Si dovrebbe far di tutto per accelerare quanto si può i preparativi bellici. Ciò tanto più perchè, dato il ritmo col quale procede l’Italia, i rapporti di forza si volgerebbero sempre più a suo favore.

«In modo particolare si deve considerare la scadenza del trattato della triplice (1912).

«Tutti gli stati, ed in particolare l’Italia, tendono ad essere pronti alla guerra per quell’epoca, sia a scopo di far guerra, sia a scopo di esercitare pressione decisiva a loro vantaggio. E ciò deve assolutamente fare anche l’Austria-Ungheria».

Trattando delle fortificazioni per il bilancio del 1909, il Conrad, parlando dell’Italia dice: «Per contro in Italia, sebbene essa dovrebbe difendere solo le brevi frontiere terrestri e la costa, dal 1907 al 1909 furono adibiti 279 milioni di bilancio ordinario e 186 milioni di straordinario, soltanto per le fortificazioni. Ciò dimostra la preparazione lungimirante, grandiosa e cosciente dello scopo, dell’Italia, contro di noi, in confronto di quello che noi potevamo fare.

«Il 3 novembre 1910 proposi un accordo con lo stato maggiore tedesco per poter avviare anche i nostri trasporti per Rosen-heim-Kufstein, e fondai la mia proposta, il 3 novembre 1910, sul fatto che gli italiani potevano far affluire contro il Tirolo 36 treni a 100 assi e 69 a 70 assi giornalmente, mentre noi potevamo farne affluire soltanto 40 a 100 assi, di cui 16 sulla linea minacciata del Pusterthal; in conseguenza l’11° giorno di mobilitazione gli italiani potevano agire offensivamente con 9 divisioni contro il Tirolo; mentre noi ne avremmo concentrato solo 3.

«Notevole aumento della forza numerica dell’esercito italiano, aumento dei reparti di alpini e di cavalleria verso il Veneto, estese fortificazioni per terra e per mare; acceleramento delle ferrovie di radunata nel Veneto, notevole aumento del bilancio per l’esercito e marina, ed in particolare dei crediti straordinari; sistemazioni di stazioni torpediniere sulla costa adriatica (e così a Marano nel golfo di Trieste); crescente propaganda irredentistica, vivace attività di spionaggio; ed infine, maneggi ostili all’Austria-Ungheria nei Balcani ».

Nelle udienze del 1° febbraio e 11 maggio 1910, parlando con Sua Maestà della questione italiana: «accennai nuovamente alle spese italiane per l’esercito: il bilancio ordinario di 306 milioni per il 1910-11 conteneva un nuovo credito di 65 milioni, ed infine un altro di 83.750.000. Feci osservare che il notevole aumento del bilancio ordinario (20 milioni di più che nel 1907-08) ed i crediti straordinari di 420 milioni concessi dal 1906 in poi avevano spiccato carattere di armamenti bellici contro l’Austria-Ungheria, di fronte ai quali non dovevamo rimanere ciechi.

«Richiamai nuovamente l’attenzione di Aehrenthal sull’opera cosciente dello scopo, che svolgeva l’Italia per una guerra contro la monarchia ed altresì sul pericolo di essere superati dall’Italia.

«Dei provvedimenti militari concreti, risultanti all’occhio anche dei profani, che sta prendendo l’Italia in modo evidente per una guerra contro la monarchia, fanno parte:

            la costruzione, rapidamente spinta, di un sistema di fortificazioni in grande stile;

            l'aumento delle guarnigioni nel Veneto e, specialmente, nella zona di frontiera, come pure l’intendimento che ne consegue, non soltanto di proteggere in caso di guerra la frontiera, ma ben anche di irrompere, con corpi pronti ad operare, nel territorio della ‘monarchia, per disturbare la nostra radunata;

            lo sviluppo della rete ferroviaria;

            l'annuale spostamento dei reparti alpini dalla frontiera francese alla zona di frontiera colla monarchia;

            l'intensa attività in fatto di manovre; viaggi di istruzione, manovre con i quadri nella zona di radunata contro la monarchia;

            gli incessanti viaggi di ricognizione di navi italiane sulle coste della monarchia;

            il riordinamento generale dell’esercito e della flotta, spinto con celerità, per la primavera del 1912, colla visibile tendenza ad opporre alla monarchia forze per lo meno uguali, possibilmente superiori».

In una lettera all’Imperatore, del 9 settembre 1911, scrive:

«In Italia, invero, la vasta costituzione delle forze armate, la dislocazione di parte delle truppe nella frontiera sud-orientale, la costruzione, non avente pari per estensione e per celerità, di fortificazioni, rivolte soltanto contro di noi, la razionale costruzione delle ferrovie di radunata verso il Veneto, la costituzione oltremodo intensiva della protezione della frontiera e delle formazioni di volontari, come pure l’attivissimo servizio di informazioni procedono di pari passo colla assicurazione più amichevole e colle forme diplomatiche più concilianti.

«Ma, poichè gli scopi e le tendenze positive nel senso di una politica nazionale fanno supporre che l’Italia entri aggressivamente in azione in un momento opportuno, mentre da parte nostra siamo ben lontani, data la tendenza puramente conservatrice della monarchia, da un analogo intendimento, è ovvio che le nostre contro misure militari, le quali come già si è accennato rimangono molto in arretrato rispetto ai provvedimenti dell’Italia, possano essere male interpretate per partito preso».

Nel 1912, quale comandante designato della 3a armata, nel prospettare al capo di stato maggiore proposte operative ed organiche, così esordisce: « le fortificazioni italiane costruite in grande stile sul Tagliamento e nel Friuli settentrionale e meridionale si oppongono ormai alla nostra offensiva col grosso dall’Isonzo, che prima era attuabile in modo relativamente facile e decisivo, difficoltà tanto maggiori in quanto i mezzi d’attacco necessari da parte nostra sono rimasti allo status quo, non ostante i miei sforzi di anni.

«L'Italia, da quell’epoca, ha progredito in elevata misura militarmente, specie in quanto concerne le predisposizioni contro la monarchia; e quest’ultima invece è rimasta arretrata in tutto. Mentre ad esempio nel 1906-7 ed ancora nel 1908 sarebbe stato possibile, con i mezzi d’artiglieria della monarchia, avere ragione delle fortificazioni, ciò non è più possibile; mentre allora potevamo subito radunare alla frontiera grandi forze atte ad agire prontamente, ora le cose sono invertite, per lo sviluppo della rete ferroviaria italiana; l’Italia, grazie all'aumento e al rinforzo essenziale delle sue guarnigioni di frontiera, può entrare in azione con numerose forze, ed eziandio anche di sorpresa all’inizio della guerra. Da parte nostra non si sono effettuati gli aumenti di guarnigioni segnalati come imprescindibili, per non creare difficoltà diplomatiche. Mentre l’Italia nel 1906-7 poteva mettere in campo al massimo 24 divisioni, ora ne può aggiungere 6 che ben inteso diverranno 12 di milizia mobile. . . .

«Nulla si fece nè per far subito guerra all’Italia, nè per prepararci energicamente pel momento in cui tale guerra diverrà necessaria, . . . .

«Italia. E’ innegabile che tale stato, dalla sua unione nazionale, si è ininterrottamente consolidato, ha progredito commercialmente, finanziariamente, politicamente e specialmente poi nel campo militare, ed è entrato nella scena mondiale con tutte le tendenze di una grande potenza. Devesi inoltre far notare che sarebbe errore il commisurare l’esercito italiano alla stessa stregua del secolo scorso, e, quand’anche per l’avvenire si faccia calcolo sulla bravura preponderante delle nazioni della nostra monarchia, l’esercito italiano deve essere considerato molto di più di allora a causa anzitutto del suo ottimo ed ambizioso corpo di ufficiali, delle abbondanti dotazioni tecniche, fra le quali considero anche il sistema munificentemente attuato di fortificazioni, ed infine, dell’entusiasmo nazionale alimentato con tutti i mezzi.

«Agli insuccessi in Tripolitania non si deve dare troppo valore da tal punto di vista; giacchè simili fenomeni si sono verificati anche presso altri eserciti in condizioni analoghe».

I progressi del nostro esercito sembrarono tali al Conrad da fargli deporre l’antica idea della guerra preventiva contro di noi, tanto che, nell’aprile 1913, esaminando la condotta politica più conveniente per l’Austria-Ungheria in seguito alle complicazioni balcaniche, disse: «Ogni nostra azione indipendente desterebbe indubbiamente ora la sfiducia dell’Italia e la spingerebbe nelle braccia della Russia.

«Ed allora avremmo quella guerra su tre fronti cui siamo impari. Dobbiamo mantenerci d'accordo con l’Italia nell’agire e solo quando tutto fallisse seguire coll’Italia la via della resa dei conti...».

 

Tutto il pensiero del Konrad in questi dieci anni prima dello scoppio della Grande Guerra. L’Austria-Ungheria temeva la nostra forza e aveva, per il Konrad opzioni in esame, tenersela amica ad ogni costo nel quadro della Triplice Alleanza oppure, arrivare alla tanto agognata guerra preventiva. Questo per evitare che l'Italia si alleasse con la Russia, costringendo l'Austria ad una eventuale guerra su tre fronti (sviluppare il concetto).

Tutto il pensiero del Konrad è lineare a sostegno delle sue tesi. L’Italia non era così forte come lui la descriveva.