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venerdì 29 luglio 2022

Temi di laurea. Argomenti.

 

Decorazioni al Valor Militare, la spiegazione sociologica

Di

Valentina Trogu

 

Le decorazioni al Valor Militare sono volte all’esaltazione degli atti di eroismo militare, anche compiuti in tempo di pace, a condizione che l'impresa sia strettamente connessa con le finalità per le quali le Forze militari dello Stato sono costituite. Rappresentano un segno distinguibile, un simbolo ricco di significato artefice della trasmissione di una informazione precisa. Il sociologo Ervin Goffman identifica nella società tre tipologie di simboli ossia i simboli di status o simboli di prestigio, i simboli stigma e i simboli distruttori dell’identità. I primi confermano l’informazione sociale associata ai segni di riferimento di un individuo accreditando una pretesa ad una posizione sociale, ad un particolare prestigio o all’onore. In un articolo degli anni 50 Goffman ha distinto i simboli di status indicanti la posizione sociale occupata dalla persona, l’esempio dei distintivi di grado con riferimento alla gerarchia militare è chiarificatore, dai simboli di stima che quantificano il livello di operosità dell’individuo in relazione ai doveri da eseguire in base alla posizione che occupa. Un esempio di simboli di stima sono le decorazioni al Valore Militare assegnate a chi si è distinto tra tanti dimostrando coraggio, spirito di sacrificio, lealtà alla propria patria e abnegazione. La storia insegna che gli uomini che hanno lottato mettendo a rischio la propria vita per seguire un ideale o per tutelare i propri compatrioti non sono accumunati da un unico destino né da una stessa origine. Hanno ricevuto medaglie nobili condottieri, generali e alti ufficiali ma sono stati riconosciuti come eroi nazionali anche giovani soldati privi di preparazione e di consapevolezza del loro atto chiamati a combattere per difendere la nazione da un nemico pericoloso e violento. La Prima Guerra Mondiale è un chiaro esempio della chiamata alle armi di giovani uomini il cui valore riconosciuto sul campo lo hanno dimostrato offrendo la propria vita per uno scopo più elevato, per alcuni forse incomprensibile ma necessario da soddisfare. Dire “sì” all’andata in guerra è stato un atto di responsabilità, un dovere etico da soddisfare che può essere spiegato con riferimento alla teoria filosofica dell’obbligo o della condotta morale volta allo studio dei criteri di identificazione delle azioni giuste con riferimento ai canoni che stabiliscono cos’è moralmente doveroso fare all’interno di una situazione in cui la persona è chiamata ad agire. I contesti in cui un individuo si può trovare a compiere una scelta etica sono innumerevoli e gli aiuti sulla decisione da prendere vengono dalla società in cui si è nati e cresciuti, dalla cultura di riferimento, dai valori appresi fin dalla primissima infanzia e dal senso di responsabilità acquisito non solo verso sé stessi ma anche verso il prossimo. La relazione tra società ed etica è stata studiata a fondo dai sociologi e sebbene negli anni 80 si tendesse a separare la sociologia – scienza positiva che studia nei fatti le relazioni sociali – dall’etica – scienza normativa che valuta l’agire degli individui – oggi si è compresa la necessità di integrare le corrispondenze tra scelte etiche della morale personale e il dovere selettivo stabilito dal sistema sociale.  I principi personali e sociali non possono distaccarsi dalla giustizia e dal bene comune, questa affermazione è alla base della vita civile, dell’appartenenza ad una comunità e di termini quali “patriottismo” e “nazionalismo”. All’etica si rivolge lo sguardo nel momento in cui non si è in grado di dare una risposta ultima e definitiva ad una situazione difficile convinti che, essendo sede del bene, della verità e della giustizia, sia la chiave da utilizzare per aprire la porta sul giusto percorso da intraprendere. Con riferimento al citato senso di appartenenza ad una comunità vogliamo intendere la definizione classica della sociologia data al termine “comunità”, un tipo particolare di relazioni sociali poste alla base di collettività che coinvolgono l’individuo nella sua totalità e lo spronano ad agire in un determinato modo. L’accettazione, l’adesione ai valori, il desiderio di sentirsi parte attiva di un gruppo, il senso di responsabilità più volte menzionato portano un individuo a compiere le scelte che lo fanno sentire parte integrante della comunità stessa mettendo da parte, a volte, l’individualismo in favore della società. L’antropologia, in effetti, definisce la comunità come un endogruppo che marca i confini dell’appartenenza e della distinzione fra ‘loro’ e noi’, collocando di conseguenza ‘gli altri’ fuori di essa, fino ad escluderli. All’interno di questo contesto è semplice comprendere il bisogno di tutelare il noi dal loro, la necessità di richiedere sostegno da parte dei cittadini nel momento in cui si subisce un attacco dall’altro, dal nemico. E in questi momenti di difficoltà si fa leva sull’orgoglio, sul senso di appartenenza, sul patriottismo e sul nazionalismo per incoraggiare i giovani soldati a mostrare il proprio valore davanti all’intera nazione per proteggere i membri della propria comunità dalla violenza e dalla cattiveria di chi appartiene ad un gruppo diverso. La coesione sociale, la volontà di protezione e di difesa sociale sono alla base di un qualsiasi gruppo a partire dalla famiglia, dal vicinato, dagli amici fino ad arrivare ad un insieme di persone più ampio che comprende tutti coloro che condividono le tradizioni, la lingua, la cultura e i valori.

La risposta alla chiamata di difesa del proprio Paese, dunque, nasce da un senso del dovere inteso come un obbligo che dipende da impegni presi in modo più o meno consapevole e legato alla necessità di soddisfare condizionamenti, regolamenti, Leggi o disposizioni precise. È difficile poter associare indiscutibilmente una risposta razionale all’agire per senso di dovere; più volte è stato sottolineato come ragazzi appena maggiorenni siano stati chiamati a combattere una guerra – il riferimento è alla Prima Guerra Mondiale ma è facilmente riscontrabile anche ai giorni nostri – di difficile comprensione senza avere gli strumenti giusti per affrontare attacchi nemici né la preparazione adeguata per affrontare psicologicamente un evento così terribile. Un impegno duro e, troppo spesso, dalle conseguenze tragiche e letali che richiede necessariamente un riconoscimento per tutti coloro che sono stati coinvolti e hanno lottato per difendere la Patria soprattutto quando il numero delle vite umane perse in un conflitto si rileva particolarmente elevato e mette davanti agli occhi di tutti la tragicità di una guerra e le pesanti conseguenze che i sopravvissuti devono affrontare. La morte non può essere il ricordo più grande perché devastante e disegno di una ferita profonda e sanguinante difficilmente rimarginabile se non dovesse essere associata ad un segno che possa non giustificare ma far accettare quanto accaduto riconoscendo il grande sacrificio compiuto da figli, mariti, genitori, le gesta eroiche e il valore dimostrato. Gli eroi sono individui dotati di capacità eccezionali o in grado di sostenere imprese singolari, questa la definizione intrinseca del termine a cui noi aggiungiamo il significato di individui che sanno lottare con eccezionale coraggio e generosità, fino al cosciente sacrificio di sé, per una ragione o un ideale ritenuti validi e giusti. Quest’ultima definizione appare più giusta con riferimento ai combattenti togliendo, però, il termine “eccezionale” dato che i giovani soldati e i decorati al Valore Militare sono, in realtà, persone ordinarie diventate improvvisamente eroi. Il sociologo americano Orrin Edgar Klapp ha dedicato vari articoli all’interpretazione sociologica dell’eroe che ci permettono di capire la figura dell’eroe da una prospettiva differente rispetto quella adottata comunemente. Per Klapp, l’eroe popolare è un tipo sociale a cui viene attribuito spontaneamente un ruolo da parte della società in un determinato luogo e tempo. Comprendere questo tipo sociale significa comprendere un elemento simbolico essenziale della psicologia collettiva a cui le persone reagiscono sollecitamente. Gli eroi popolari emergono principalmente in epoche di instabilità e nascono per riconoscimento e ossequio popolari spontanei; per selezione formale, come nel caso delle onorificenze militari; per lo sviluppo graduale di leggende popolari e come creazione poetica di drammaturghi, cantastorie e scrittori.

La nascita degli eroi è legata all’esistenza di situazioni che suscitano emozione, tensione e coinvolgimento di tutta la nazione e all’agire dell’individuo in queste particolari situazioni di crisi e drammi che proiettano una luce nuova su tutto ciò che fino a poco tempo prima era dato per scontato o considerato poco importante. Una guerra è l’evento per eccellenza in cui possono proliferare gli eroi e non sempre il riconoscimento viene dato a chi è stato realmente un valoroso combattente. Ma quando l’iniziativa di premiare, ricordare e onorare i soldati nasce dal popolo, come accaduto nella Prima Guerra Mondiale, per sottolineare il valore di giovani uomini, difficilmente l’assegnazione della decorazione è sbagliata. Quando si è dinanzi a persone comuni e ordinarie che hanno affrontato con coraggio un evento eccezionale nella sua tragicità è un obbligo per i sopravvissuti onorare le loro gesta e riconoscere l’impresa compiuta con devozione e spirito di sacrificio soddisfacendo un obbligo per senso del dovere e per esprimere l’attaccamento a quei valori militari profondamente radicati nella nostra cultura nel secolo scorso. Il filosofo austriaco Viktor Emil Frankl ha affermato che è possibile scoprire il significato della vita in tre diversi modi, col compiere un proposito, con lo sperimentare un valore e con il soffrire. Parole che rispecchiano l’agire di un combattente per la Patria e che sottolineano con fermezza l’esigenza di ricompensare tale scoperta con una decorazione al Valor Militare.

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