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domenica 8 maggio 2011

Relazione Col. Med. P Massimo Spagli

"I Giorni della Scelta: Gli Uomini delle Forze Armate nel secondo Risorgimento Italiano"

LA FIGURA DEL GENERALE FERRANTE GONZAGA DEL VODICE.

                                  “..se all’annuncio dell’armistizio un capo come il generale Gonzaga si fosse   trovato a Roma, forse la storia d’Italia avrebbe preso un altro corso..”
(Paolo Monelli in “Roma 1943”)


E' stato uno dei primi Militari Italiani ed il primo Ufficiale Generale caduto dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943.

Ufficiale di Artiglieria ed Ingegnere, nato a Torino nel 1886, era l'erede di una delle famiglie che dal 1300 al 1600 aveva svolto un ruolo di primo piano nella storia d'Italia, caratterizzandosi per l'alto numero di condottieri e uomini d'armi nelle sue file.
Suo padre (Maurizio) era stato uno dei Generali del Regio Esercito più decorati e più volte feriti nella prima Guerra mondiale.
Ferrante Gonzaga era giunto al culmine di una brillante carriera militare, in cui aveva ottenuto importanti riconoscimenti e decorazioni al valor militare per il suo comportamento tenuto sia in Libia nel 1912 che per tutto il corso della 1° Guerra Mondiale.
Aveva comandato il prestigioso 1° Reggimento “Cacciatori delle Alpi” di stanza a Foligno dal 1936 al 1938, nella Caserma che dopo la ricostruzione del Dopoguerra, (il 25 marzo 1954) verrà intitolata proprio a lui.
Generale Comandante di una Divisione Costiera disposta a protezione del golfo di Salerno e del Cilento, di fronte alla pretesa degli ex-alleati Tedeschi di cedere le armi e di consegnarsi loro, non volle contravvenire alle regole dell'onore militare, né alle pur scarne disposizioni emanate 2 ore prima dal Capo del Governo Italiano legittimo Maresciallo Badoglio (“Ogni atto contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle Forze Italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”), per cui si oppose con forza a tale pretesa,  venendo fulminato immediatamente da una scarica di fucile automatico da parte dei militari tedeschi che erano venuti per catturarlo. Per tale sacrificio fu insignito della medaglia d'Oro al V.M.

Attraverso richiami agli antichi fasti militari della famiglia, rinnovati dal padre, alla situazione storica creatasi in quei giorni, ed alle testimonianze di chi partecipò direttamente alla vicenda si rappresenta la figura del Generale Gonzaga come emblematica di  quella condizione in cui tutti gli Italiani ma soprattutto i militari si trovarono in maniera improvvisa e lacerante, dovendo operare nel caso del Gonzaga in pochi minuti, scelte che mettevano in gioco i valori più profondi (morali, caratteriali, etici, politici, religiosi) dei singoli e della comunità, a rischio della vita o di forti privazioni e sofferenze per chi sarebbe stato condotto in prigionia.

In particolare anche chi ne causò in qualche modo la morte, l'ufficiale Tedesco che andò a “catturarlo”, ebbe per il Gonzaga parole di pietas ed ammirazione: “Non ero riuscito a salvare quel cavaliere che era morto per il suo onore“.
Per altro sarebbe riduttivo se richiamassimo il solo “onore militare” come matrice del gesto del generale Gonzaga. In una sua lettera alla sorella del 3 settembre troviamo la chiave più intima e profonda: “Vivo e combatto per i miei bambini (ne aveva 3 dell'età di 5, 3 ed 1 anno), a cui vorrei lasciare qualcosa fatto da me. Resterò al mio posto fino all'ultimo..” .
Il senso della speranza in un futuro migliore per la propria Patria, che sta versando in una situazione francamente disperata, viene dal lascito che solo azioni rette e coraggiose, anche a costo della vita, possono trasmettere alle generazioni future.


Col.Med. P Massimo Spagli                 

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