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venerdì 22 febbraio 2013

Corso di Storia Militare. 15°, VIII della Serie

Napoleone ed i principi dell’Arte della Guerra[1]

Le conclusioni e lezioni apprese
Luigi Manfredi

 Napoleone fu indubbiamente un grande tattico ma soprattutto fu un grande stratega. Si celebrano le sue battaglie ma si trascura il fatto che a quelle battaglie vinte Napoleone giunse attraverso concezioni strategiche ad amplissimo respiro, soprattutto per allora ([2]). In entrambe le campagne d’Italia non furono solo importanti le singole battaglie ma grandioso e ardito disegno strategico che ne fu la premessa.

Le vicende della prima e della seconda campagna d’Italia ([3]) insegnano che tra i principi dell’arte della guerra sia da aggiungere “saper approfittare della fortuna” e non è un paradosso. Essa ha giocato un ruolo molto importante in queste due campagne e non solo in queste: a Marengo Desaix avverte il rombo del cannone e arriva in tempo mentre a Waterloo Grouschy, inviato da Napoleone fuori dell’area della battaglia, sente il rombo del cannone ma non rientra, ritenendo di dover eseguire il primitivo ordine dell’imperatore. Gli esiti furono ovviamente opposti.

Emblematica, sotto questo profilo, l’operazione Voltri nella prima campagna, voluta dal suo predecessore, da lui non condivisa ma utilizzata per distrarre forze nemiche dalla direttrice di gravitazione dello sforzo ([4]).
Adottò sempre rapidi mutamenti degli schieramenti e delle direzioni d’attacco in funzione dell’evolvere delle situazioni ([5]) ([6]).

Seppe con intelligenza suddividere i reparti sul territorio, mantenerli leggeri per muovere più agevolmente ([7]), per sopravvivere con approvvigionamenti e saccheggi e per confondere il nemico sulla direzione dello sforzo principale, e concentrarli nel momento decisivo per realizzare la massa facendo leva sulla velocità di spostamento delle truppe ([8]).

“L’Imperatore fa la guerra con le nostre gambe” dicevano i “grognard”([9]). I soldati francesi erano in prevalenza contadini di leva, che muovevano solo con l’armamento, il munizionamento e quei pochi viveri che venivano distribuiti, dormivano all’addiaccio al fuoco dei bivacchi quando non trovavano case coloniche dove rifugiarsi ([10]).
Ciò, al contrario degli austriaci, militari di carriera i quali, come scrisse Napoleone a Sant’Elena, non si capiva come facessero a combattere così appesantiti.

Aveva un rapporto privilegiato con i soldati che a Lodi lo soprannominarono “il piccolo caporale” e che chiamava i miei figli, anche se poi non esitava a sacrificarli a migliaia, anziché con i generali che teneva piuttosto a distanza, e visitava i reparti con frequenza (a differenza degli austriaci) ([11]).

Una sua costante preoccupazione fu la ricerca della sorpresa attraverso la scelta di linee d’operazione alternative  e dovunque mantenendo il segreto sulle proprie intenzioni ([12]).

Ebbe l’intuizione e sperimentò l’impiego delle artiglierie a massa anziché disperderle a supporto diretto dei singoli reparti ([13]). Privilegiò anche l’impiego a massa della cavalleria; nell’Armata di riserva la cavalleria era tutta al comando di Murat, mentre gli austriaci, pur avendo reparti di cavalleria ben più efficienti ed equipaggiati dei francesi, non seppero impiegarla a massa, cosa che avrebbe cambiato l’esito della battaglia ([14]).

Napoleone può essere considerato l’inventore delle unità complesse pluriarma (Divisioni e Corpi d’Armata) da utilizzare come pedine autonome, mentre gli austriaci consideravano il reggimento solo come unità organiche e non necessariamente operative, che in combattimento potevano essere scisse per ricostituire altri reparti “ad hoc”.

Per quanto riguarda l’organizzazione di Stato maggiore, è’ noto che Berthier fu il Capo di Stato maggiore per eccellenza di Napoleone, bravo a tavolino, meno quale Comandante. Occorre però precisare che Bonaparte utilizzò gli Stati maggiori quasi esclusivamente come organi per la redazione e la diffusione delle sue direttive verbali, piuttosto che come organo di consulenza in senso moderno.

La consapevolezza della sua superiorità oppure l’urgenza gli faceva spesso scavalcare lo Stato maggiore e colloquiare direttamente con i Comandanti in sottordine. Inoltre, sovrapponeva più canali per far giungere lo stesso ordine, a causa del rischio che i corrieri a cavallo potessero essere intercettati.

La logistica e l’organica non dovevano costituire un ostacolo al perseguimento dei movimenti e delle operazioni: l’armata di riserva che scavalcò le Alpi fu completata e approvvigionata marcia durante e ancora quando era giunta di a sud dei passi alpini.

In sintesi, Bonaparte applicava i principi fondamentali della guerra in modo intuitivo con audacia e grande flessibilità, contro avversari lenti e metodici, che operavano con concezioni mutuate dai loro predecessori ([15]) ([16]). Sostanzialmente nessun nuovo principio ma una determinata pragmatica e realistica applicazione degli stessi. Perseguiva i propri obiettivi con grande determinazione, senza mai darsi per vinto, costi quel che costi anche in vite umane.

Curiosamente ed inspiegabilmente, Napoleone non promosse l’innovazione nei mezzi e nei materiali: il fucile era quello del 1777 ad avancarica e laborioso da impiegare (Mod. Charleville), con una gittata utile di 100 metri, così come le artiglierie che risalivano alle realizzazioni di Gribeauval.

Voglio terminare con un’altra caratteristica di genialità di Bonaparte, la sua capacità di rappresentare gli eventi a proprio uso e consumo, con una maestria nell’arte della comunicazione che aveva già messo in luce nella prima campagna, modificando fatti, tempi e perdite, ad uso della fama delle sue truppe ma soprattutto sua ([17]).  Ciò che non gli riuscì sul campo gli riuscì nella propaganda.

Il resoconto francese della battaglia di Marengo (ma dovrei dire i resoconti perché ne esistono ben quattro, l’ultimo dei quali presentato a Napoleone Imperatore proprio a Marengo nell’anniversario della vittoria) fu via via addomesticato, stravolto e mistificato sin dal primo momento e negli anni successivi; furono redatte quattro relazioni successive francesi, nelle quali si volle dimostrare che l’esito della battaglia non fu dovuto al caso ma a una precisa decisione strategica del Primo Console. Lo scopo era evidente: si trattava di una provvidenziale vittoria che consentiva al Primo Console di consolidare il proprio potere in Francia, anche se non concludeva la guerra contro l’Austria.

Sotto il profilo della mitizzazione del Personaggio, è emblematica la rappresentazione del passaggio del Primo Console sul Gran San Bernardo: il famoso quadro di David con Napoleone su un cavallo bianco. La realtà è ben diversa: lo superò a dorso di mulo e rischiò pure di cadere in un burrone.

( Il Corso di Storia Militare all'ISSMI è iniziato in data odierna. Chi ne è interessato può visionare i materiali al blog www.coltrinarimassimo.blogspot.com) 





[1] Libera trascrizione da appunti dalla Lezione Tenuta dal  Sen. Gen. Luigi Manfredi al 10 Corso ISSMI, Corso di Dottrine Strategiche e Storia Militare
[2] La campagna d’Egitto aveva l’ambizioso obiettivo di colpire La Gran Bretagna nelle Indie.
[3] Gli austriaci le definiscono “campagna 1796-97 in Italia” e “campagna 1800 in Italia”.
[4] La guerre ne se compose que d’accidents. Bien que tenue de se plier à des principes généraux, un chef ne doit jamais perdre de vue tout ce qui pet le mettre à même de profiter de ces accidents. Le vulgaire appellerait cela bonheur, et ce ne serait pourtant que la propriété du génie.
[5] Un plan de campagne doit avoir prévue tout ce que l’ennemi peut faire et contenir en lui-même les moyens de la déjouer. Les plans de campagne se modifient à l’infini, selo les circonstances, le génie des chefs, la nature des troups et la topographie du théâtre de la guerre.
[6] L’on pourra m’accuser de témérité: jamais de lenteur.
[7] Il est cinq choses que ne doit jamais quitter le soldat: son fusil, ses cartouches, son sac, ses vivre pour quatre jours au moins, et son outil de pionnier.
[8] Le secret des grandes batailles consiste à savoir s’étendre et se concentrer à propos …… Ce n’est pas en disséminant le troupes et en les éparpillant q’on arrive à un résultat…. Ce ne sont pas le troupes qui vous manquent, c?est la manière de le réunir et d’agir avec viguer. La vitesse, à la guerre, est la moitié du succès.
[9] Nome gergale degli orgogliosi veterani delle guerre napoleoniche.
[10] Le mellieur soldat n’est pas tant celui qui se bat que celui qui marche…… Chaque soldat a troi paires de souliers: une aux pieds, deux dans le sac.
[11] Un homme qui n’a pas de considération pour les besoins du soldat de devrait jamais le commander.
[12] Il n’y a pas nécessité de dire ce que l’on a l’intention de faire dans le même moment où on le fait.
[13] Le canon, comme toute les autres armes, doit être réunie en masse si l’on veut obtenir un résultat important.
[14] La méthode de mêler  des pelotons d’infanterie avec la cavalerie est vicieuse, elle n’a que d’inconvénients; la cavalerie cesse d’ètre mobile. Elle est gênée dans tous ses mouvements, elle perd son impulsion, et l’infanterie est compromise; au premier mouvement de la cavalerie, elle est sans appuis.

[15] La perte du temps est irréparable à la guerre; les raisons que l’on allègue sont toujour mauvais, car le opérations ne manquent pas que par les retards.
[16] À la guerre, l’audace est le plus beau calcul du génie.
doit la diminuer de la moitié ou d’un tiers; à la guerre tout est moral.
 [17] Rien n’est plus contraire aux regles militaires que de faire connaître la force de son armée ….. lorsqu’on est conduit à parler de se forces, on doit les exagérer à les rendre redoubtable en doubland ou en triplant le nombre; et, au contraire, lorsq’on parle de la force de l’ennemie, on doit la diminuer de la moitié o d’un tiers: à la guerre, tout est moral.

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