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mercoledì 28 giugno 2017

Una prospettiva per chi vuole impegnarsi


Lotta all’iconoclastia
L’Italia e i caschi blu della cultura
Paolo Foradori
28/06/2017
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La distruzione della Grande Moschea di al-Nuri a Mosul, dove Al Baghdadi aveva annunciato nel 2014 la nascita del Califfato, è solo l’ultimo episodio dell’attacco sistematico e deliberato al patrimonio culturale della Mesopotamia, la ‘culla della civiltà’.

In risposta alla furia iconoclasta del sedicente Stato islamico, l’Isis, la comunità internazionale si è mobilitata per mettere in campo nuovi e più efficaci strumenti per rafforzare il regime internazionale di protezione del patrimonio culturale. Particolarmente rilevante è il progetto, fortemente voluto dall’Italia, di istituire i Caschi Blu della Cultura, una componente culturale da integrare nelle operazioni di supporto alla pace e alla sicurezza internazionale.

Lotta di potere e damnatio memoriae
Sebbene la storia dell’iconoclastia si perda nella notte dei tempi, il fenomeno si è intensificato negli ultimi decenni come risultato del mutamento della natura e delle modalità di conduzione delle ‘nuove guerre’ che proliferano nel contesto internazionale post-guerra fredda.

Il tema dell’identità è al centro di questi conflitti e la dimensione dell’appartenenza etnica o religiosa è fondamentale nel definire le ragioni e gli obiettivi dei combattimenti. Se la cultura è la visualizzazionedell’identità, non sorprende allora che il patrimonio culturale sia diventato l’obiettivo diretto e deliberato di molte delle guerre recenti, dai Balcani alla Cambogia, dall’Iraq all’Afghanistan, dal Mali alla Siria, dalla Libia allo Yemen.

L’iconoclastia dell’Isis non è vandalismo cieco e irrazionale, ma risponde ad una precisa e sofisticata strategia che il gruppo terroristico persegue nell’intento di creare, consolidare ed espandere il proprio potere, anche ai fini della jihad globale.

Questo obiettivo può essere raggiunto affermando la propria ideologia radicale (anche religiosa) ed imponendo una dominazione assoluta sulla popolazione del territorio di volta in volta conquistato, compreso il contesto culturale e sociale in cui tale popolazione vive.

La strategia è annientare fisicamente e culturalmente una comunità aliena o ostile, soggiogando i sopravvissuti dopo averli privati delle loro identità individuali e collettive. Si vuole sottrarre a una comunità il passato eliminando i simboli della sua cultura per negarle anche il futuro. La strategia è quella della damnatio memoriae: obliterando il passato, l’Isis vuole resettare o riscrivere la storia da un nuovo inizio o ‘anno zero’, a partire dal quale solo la propria visione del modo ha diritto di esistere.

Il peacekeeping culturale
La protezione del patrimonio culturale, nelle parole del direttore generale dell’Unesco Irina Bokova, è ‘non solo un’emergenza culturale, ma anche una necessità politica e di sicurezza’. Rispondendo all’appello dell’Onu, l’Italia ha assunto una forte leadership mondiale per mobilitare e coordinare gli sforzi della comunità internazionale.

Su proposta italiana, nel 2015 l’Unesco ha approvato una risoluzione per ‘rafforzare la protezione della cultura e la promozione del pluralismo culturale in caso di conflitto armato’. Tale risoluzione comprende una strategia che si basa su due elementi fondamentali: 1) l’incorporazione di una componente culturale nelle attività di peacekeeping; 2) la creazione di task force nazionali specificatamente dedicate alla salvaguardia del patrimonio culturale.

In meno di un anno, il 16 febbraio del 2016, si è arrivati alla firma di un accordo tra Unesco e governo italiano per la formazione della prima task force nazionale denominata ‘Unite4 Heritage’. Il recente G7 della Cultura di Firenze ha ribadito il ruolo distintivo della cultura come strumento di dialogo tra i popoli e la necessità di un mandato culturale nelle missioni di sicurezza e di mantenimento della pace. Infine, il 24 marzo 2017, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione italo-francese (2437) che prevede il possibile impiego di una componente culturale nelle missioni di peacekeeping.

In attesa di un accordo operativo che precisi obiettivi e modalità di intervento, la task force italiana è stata istituita e testata con successo nelle zone terremotate del centro Italia, dove ha messo in sicurezza migliaia di opere d’arte. Il contributo più rilevante alla forza d’intervento è dato dal Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio culturale, internazionalmente riconosciuto come la più efficace polizia al mondo nella protezione del patrimonio artistico. Al suo fianco opera una componente civile costituita da archeologi, restauratori e storici dell’arte del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo.

Solo l’effettivo schieramento sul campo della task force dirà se l’iniziativa promossa dall’Italia risulterà efficace. Tra aspettative e opportunità, il peacekeeping culturale si apre infatti a scenari incerti e densi di pericoli e ‘conseguenze inattese’.

Nel frattempo, va apprezzato e sostenuto il grande impegno e attivismo italiano. Lo slogan, a volte abusato, di Italia ‘superpotenza culturale’ in questo caso ben descrive l’eccellenza e la leadership del Paese nel contrastare la barbarie e l’oscurantismo di chi vuole distruggere i simboli dell’arte, della cultura e della civiltà.

Paolo Foradori è Professore associato di Scienza politica presso la Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento.

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